lunedì 11 febbraio 2013

Sopportare il dolore



Un dolore insopportabile è un dolore impossibile. L'insopportabilità, infatti, non appare e non può apparire. L'insofferenza esiste, pertanto, solo come difficoltà a sopportare il dolore, e non come un non poter sopportarlo. Il dolore è comunque sopportato, cioè patito.
In realtà (cioè dal punto di vista della coscienza della verità), è necessario che dal limite minimo della sopportabilità del dolore si proceda verso il limite massimo della medesima. Inizialmente (nel luogo dell'Inizio, cioè nel luogo che il Tutto esperisce per primo), si è meno capaci e predisposti ad affrontare la vita e il dolore, rispetto al modo sempre più concreto in cui, andando avanti oltrepassando quest'Inizio, si è sempre più predisposti a sopportare il dolore. Certo che, questa concretezza è assegnata a spogliarsi nel suo prevalere, soltanto nel e dal momento in cui si compie il cammino che dall'Inizio (cioè dalla prima vita che viviamo, benché sia discesa nell'oblio) conduce all'ultima vita del prevalere del dolore (all'ultima vita, cioè, della Prima Volta, ovverosia della prima parte essenziale del percorso finito dell'infinito).
Quello che viene chiamato "regno umano" è una fase talmente acerba del percorso del Tutto, che quell'ultima vita è molto più lontana di quanto non lo sia già quell'Inizio. Il tratto di strada che da questa fase porta a tale ultima vita è cioè assai più lungo rispetto a quello che dall'Inizio conduce ad una fase siffatta.
Il dolore è il modo in cui il Tutto ama sé stesso. Difatti, poiché il Tutto si oppone al Nulla, e poiché il Nulla è parzialmente affermato (altrimenti non si potrebbe appunto affermare che il Tutto non è il Nulla), il Tutto include la parte (il nulla parzialmente affermato), e ciò significa che esso, vedendo sé stesso in modo processuale, patisce il proprio dolore nel senso che vorrebbe (cioè vuole ma non può) vedere tutto sé stesso in un unico eterno momento. Il Tutto è sé stesso in una serie finita di momenti eterni, ognuno dei quali è un dolore perché include parzialmente e cioè esclude parzialmente ognuno degli altri; tuttavia, è pur sempre all'interno della Gioia del Tutto che essa include (totalmente) i propri dolori, il che vuol dire che ogni dolore è eternamente oltrepassato, nel modo in cui dal prevalere del dolore si va verso il prevalere di questo eterno oltrepassamento. Ognuno di noi è in verità il Tutto stesso che, processualmente, esperisce tutte le vite che siamo destinati a vivere (con le relative nascite e morti).
Quando verrà il tempo del Ritorno (che oltrepassa la Prima Volta), si andrà verso (ma in realtà è già tutto accaduto: accade tutto in eterno, anche il più lontano futuro) il modo meno intenso in cui il dolore appare, ossia il modo in cui si è più predisposti a sopportare il dolore (in un Ritorno che altro non è che il prevalere di ciò, l'Amore gioioso del Tutto, che include già da sempre e per sempre la totalità dei dolori, cioè delle parti).