(Di seguito, un estratto di Silenzi e respiri del destino. Con un'ampia autobiografia).
È destino imparare
a interpretare correttamente ciò che appare. Quando si dice che la pioggia è un «evento atmosferico», non
ci si avvede che questa non è altro che un’interpretazione fittizia, alterata della
realtà. Sarebbe come dire che, dal punto di vista di una formica, le lacrime di una donna sono anch’esse un
«evento atmosferico». Tuttavia, non si sta dicendo, con questo, che la pioggia
sia un insieme di lacrime e che il cielo della Terra stia piangendo, ma rimane
aperta la possibilità che sia proprio
così, negando invece perentoriamente che la pioggia possa
essere un «evento atmosferico».
La pioggia è il
destino infinito del Tutto (come ogni altro essente), e quindi è anche il modo
in cui il Tutto è in luce, ed è anche quindi un certo modo in cui lo stesso Tutto è in luce, e in un senso
ancora più specifico è una traccia
che una certa coscienza (non si sa quale) lascia all’interno di ciò che vien chiamato «umanità». Decifrare questa traccia è il nostro
compito. Innegabilmente è una traccia
(la pioggia) che rimanda a una certa coscienza (come «tu» sei una cert’altra
coscienza e lasci la «tua» traccia, un respiro
del destino, all’interno della «mia» coscienza, ed io, decifrandola, dico che
sei, ad es., «Fabio»), ma scorgere il volto di questa coscienza rimane ancora
un problema, perché può anche darsi che la pioggia sia semplicemente una
traccia (un silenzio del destino) che
rinvia a una coscienza che però non consiste nella «pioggia» stessa (ma in
qualcos’altro). Resta fermo, comunque, che la pioggia non è un «evento atmosferico», e resta aperta la possibilità che le
sue gocce siano «lacrime» e che quindi, quando piove, qualcuno è triste
(nonostante non si sappia ancora chi sia questo «qualcuno»: potrebbe essere
l’intero «Pianeta Terra», o una sua parte). (In ogni caso, tutto è coscienza, in modi diversi).