sabato 24 febbraio 2018

Il senso del "votare" e del "non votare"




Vi invito a ragionare seriamente sul senso del "votare" e quindi del "non votare", e potrete pertanto capire che "votare" non può avere un senso positivo e "di giustizia sociale", perché "votare" significa accentuare il disaccordo essenziale tra gli individui per il quale han deciso, appunto, di votare.
Il "voto", per chi sappia pensare rigorosamente, è l'antidemocrazia per eccellenza. Si va a votare perché non ci si capisce, non ci si trova d'accordo su dei progetti socio-culturali, e votando si mette in risalto, appunto, l'incomprensione fondamentale tra gli individui, che, invece di riflettere pazientemente per mettersi d'accordo tra di loro e quindi non scendendo a patti attraverso il voto, scelgono la strada apparentemente più facile da percorrere, quella appunto del voto. "Apparentemente", proprio perché, votando, giunge a prevalere non già la ragione di chi vince, bensì, semplicemente, il vincitore e la sua vittoria (che non ha alcuna "ragione" e quindi è irragionevole, illogica, senza un senso positivo, contraddittoria).
Non votando, si critica appunto l'atto stesso del "principio di voto" in quanto tale, fregandosene dei "programmi elettorali" ad esso relativi. Tale critica è destinata ad essere "praticata", perché nega la contraddizione di quel principio.
Ma non è solo un problema di "voto", non è sufficiente non andare a votare affinché il mondo cambi positivamente. Il "non" del "non votare" deve essere applicato anche in relazione alle diverse forme culturali e civili dell'intera società mondiale, quali la burocrazia, il denaro, il sistema scolastico, ecc. In una società sana, non c'è bisogno della burocrazia e quindi della "carta d'identità", perché ci si conosce sempre di più, e per davvero, e non v'è bisogno nemmeno del denaro, perché il denaro, dopo il baratto, fu inventato appunto e solo per dividere gli individui gli uni dagli altri, in un mondo dove da una parte ci sono ricchi e dall'altra i poveri, giacché il denaro non è altro che un'intermediazione tra padrone e servo, ed è quindi impossibile che esso sia distribuito equamente.
In una società sana, il denaro non c'è, perché, conoscendosi e condividendo tutti i progetti sociali, ognuno produce qualcosa che viene donato ad ognuno degli altri, e gli altri sono liberi di accettare o meno il dono offerto, giacché non si tratta più di barattare o pagare col denaro, ma di condividere ciò che ognuno produce per sé e, appunto, per gli altri.