Certi termini (parole, espressioni), al di là delle interpretazioni
che ne alterano il significato autenticamente innegabile, si mostrano come
semanticamente identici tra di loro. Tale identità semantica (quella, cioè, che
unisce i termini indicanti il Tutto)
comprende in sé, (anche) distinguendosene, l’identità semantica tra cert’altri
termini (indicanti la parte).
La prima identità semantica (la si indichi col simbolo I.S.¹),
concretamente intesa, appare nella sua relazione
originaria con la seconda (I.S.²), appare, cioè, anche nel suo distinguersi dalla seconda – tale
distinguersi essendo la medesima
distinzione tra gli essenti (mare,
albero, questa mia vita, le altre vite, etc.), che in quanto distinti tra di loro sono certi essenti (ossia parti, differenze, tempi, luoghi, modi). L’unione
di tali identità semantiche si oppone
a un cert’altro gruppo di termini semanticamente identici tra loro, e cioè
quelli che fan riferimento al nulla
(I.S.³). (Cfr. in particolare: parte prima, cap. 1° e le Appendici terza e
quinta; parte seconda, cap. 1°).
Affermare, dire
L’«affermare» o il «dire» (appartenenti, in quanto figure del linguaggio,
all’insieme dei termini di I.S.², e in
quanto figure del significato
indicato dal linguaggio, all’insieme dei termini di I.S.¹) non consistono semplicemente
(cioè soltanto) in modi in cui ci si riferisce all’«indicare» («testimoniare») in quanto distinto dall’«indicato»,
bensì sono innanzitutto lo stesso significato che viene testimoniato (ossia a cui si riferisce il
linguaggio).
L’«affermare» è il «filosofare», ossia il «pensare» cioè l’«essere»: è un affermarsi, un
fermarsi eternamente su sé stessi, contrapponendosi al nulla.
(V. Filosofia; Linguaggio; Segno; Significato).
Altro
L’«Altro» è sia l’assolutamente
(infinitamente, compiutamente) altro (I.S.³) dalla totalità dell’essere, cioè
il nulla, sia l’«altro» relativo
(I.S.²) all’Io infinito della struttura concreta dell’essente.
La coscienza infinita della totalità dell’essere è anche, nel suo esser coscienza finita, un esser altro da sé stessa in quanto infinita. Tuttavia, è da capire che
tale distinguersi (interno alla coscienza infinita) è lo stesso distinguersi tra le
coscienze finite. Infatti, tutto
l’«altro» (la «coscienza altrui», gli altri essenti, le altre vite, le altre
differenze) che non si pone in un
certo «io», si pone (esiste, appare) prima
e dopo quel certo «io». (Soltanto la vita dell’Inizio non ha dietro di sé
un «prima», e soltanto la vita dell’Ultimo non ha davanti a sé un «dopo»).
(V. Diacronia; Nulla; Numerabilità; Reincarnazione. Cfr. parte
prima, cap. 1°, par. 4; S.C.d.I.,
cap. V).
Amore
L’Amore (I.S.¹) è la relazione, l’unione, il legame infinito e
cioè l’uguaglianza assoluta che unisce, in eterno, ogni singolo essente. È la
coscienza concreta del Tutto infinito dell’essere, la quale, guardando (=
essendo) ogni evento, nel modo tragico in cui nasce e muore,
non può che amarlo.
Amare significa, pertanto, essere
tutto ciò che si è, anche nei modi in cui è prevalente l’esser parte,
cioè il disprezzare sé stessi (il «proprio io» e l’«io altrui»), bramando, desiderando
un qualcosa in più (come una
situazione di estrema gioia in cui sia assente
ogni forma di dolore) che in verità (cioè nell’Amore
autentico) non può esistere. Amare vuol dire accettare, «nella buona e nella
cattiva sorte», ogni singola esperienza del Tutto.
Dapprima, si ama nel prevalere della contraddizione del dolore e della
violenza (ossia nel cammino della Prima Volta), per poi amare accogliendo il Passaggio che conduce al prevalere
della verità della quiete e del sincero «volersi bene» (che conduce, cioè, alla
via del Ritorno).
(V. Felicità; Volontà. Cfr. Esergo; Prefazione; parte prima, cap.
2°, par. 2; parte seconda, cap. 4°; parte terza, cap. 2°, par. 5; Epilogo;
Conclusioni; S.C.d.I., cap. IX, par.
7).
Annunzio
Il senso dell’«annunzio» (I.S.²) prende notevolmente spicco
quando, con la morte dell’ultima vita del percorso della Prima Volta, si fa
innanzi il Passaggio in cui, appunto, viene annunciato
il prossimo e imminente sopraggiungere del Ritorno. (Per il termine «annunzio»,
cfr. parte seconda, cap. 2°, par. 1).
Il futuro si manifesta,
nel sentiero della Prima Volta, come non
annunciato, non previsto, e cioè come annunciato nell’ambiguità e
impenetrabilità proprie di quel sentiero. Nel Passaggio e in tutto il percorso
del Ritorno il futuro si manifesta, invece, come
annunciato, ossia come già previsto in
tutti i suoi tratti (e comunque differendo,
tale previsione, dalla visione futura).
(V. Attesa; Futuro).
Apparire, manifestazione, vedere
L’apparire (manifestazione, svelamento, rivelazione, mostrarsi,
vedersi; I.S.¹) è l’essere, cioè
questo nostro pensare, questo esser
coscienti di tutto ciò di cui si può ed è inevitabile esser coscienti. Quando
si usa il termine «apparire» ci si rivolge, nella
realtà concreta, a quello stesso
cui ci si rivolge quando si usa il termine «essere», a sua volta identico
all’«eternità» e cioè, in una sola espressione, alla «struttura concreta della
totalità infinita in cui consiste tutto ciò – case, animali, montagne ed ogni
istante – che appare anche come un differire dagli altri essenti».
Tutto appare, ed appare in modo
processuale, ossia nel modo in cui il Tutto è parzialmente assente (cioè parzialmente presente): il Tutto
appare totalmente (e questo «totalmente»
non è un «modo», bensì include ossia
è anche un «modo») nel modo in cui appare parzialmente (cioè nel modo in cui è parzialmente assente). Il
senso autentico di questo «modo» è ciò che consente di negare categoricamente che il Tutto appaia, sub eodem, totalmente e parzialmente.
(V. Autocoscienza; Esperienza; Io. Cfr. parte prima, cap. 1°, par.
3; Appendice terza; S.C.d.I.,
Indicazioni preliminari…; cap. I, parr. 13-20).
Astratto
L’astratto (I.S.²) è la parte, cioè la volontà di separarsi da ciò – il Tutto concreto –
da cui è impossibile separarsi.
Questa volontà è dominante nel
percorso della Prima Volta, ed è invece in quello del Ritorno, condotto dal
Passaggio, che tale volontà perde il suo dominio. (V. Contraddirsi; Individuo
umano; Interpretare; Isolamento; Potenza; Volontà).
Attesa
Un’attesa (I.S.¹) si
manifesta in ogni essente, fuorché in
quell’essente che è la vita dell’Ultimo (in cui appare che ogni attesa è un passato),
con la morte della quale non affiora alcun altro atteso. Nella vita dell’Inizio si mostra (cioè la vita dell’Inizio è anche) l’attesa di ogni altra vita;
tuttavia, in quell’Inizio – come in ogni altra vita della Prima Volta – l’atteso, che l’attesa attende, si manifesta come non annunciato. A partire dal sopraggiungere del
Passaggio che porta al cammino finito del Ritorno, l’attesa è l’annunzio totale dell’atteso. (V.
Annunzio; Futuro. Cfr. parte prima, cap. 1°, par. 1).
Autocoscienza, autofondazione
L’autocoscienza (autofondazione; I.S.¹) è la medesima coscienza (fondazione), cioè la coscienza di sé (il «sé» essendo appunto la «coscienza»,
giacché l’espressione «coscienza di sé» è un pleonasmo della parola «coscienza»), cioè l’esser sé, ovverosia
la coscienza infinita della coscienza finita (coscienza infinita di
sé in quanto finita: coscienza infinitamente cosciente di sé in modo
finito). (V. Apparire; Esperienza; Fondamento; Io. Cfr. parte prima, cap. 1°,
par. 1; S.C.d.I., cap. I, par. 20;
cap. II, par. 10).
Coincidenza
La coincidenza (I.S.¹) è la cooriginarietà
tra il Tutto e la parte, ossia tra le parti. La coincidenza è cioè la relazione,
l’identità che è anche un differire.
Quando, nell’«Appendice quarta» della «Parte prima», viene distinta la «coincidenza»
dall’«inclusione», precisiamo, qui, che tale distinzione è la stessa distinzione tra la «coincidenza parziale» e la
«coincidenza totale», tale distinzione essendo identica alla distinzione tra l’«inclusione (relazione, identità)
parziale» e l’«inclusione (relazione, identità) totale».
(V. Identità; Inclusione; Relazione; Sincronia).
Concreto
Il concreto (I.S.¹) è la visibilità dell’Assoluto nel suo esser
eterno mediante l’invisibile –
quest’ultima parola («invisibile») essendo semanticamente identica alle
espressioni «invisibilità finita» e «visibilità finita».
Noi siamo il concreto, cioè
siamo anche l’astrattezza in cui
consistono i tratti della struttura
concreta dell’infinito.
Contenuto
Il contenuto (I.S.²) è ciò che la forma include, e poiché
quest’ultima include sé stessa come
contenuto, il contenuto è la medesima forma astratta
(finita, parziale, temporale). Il contenuto è cioè la parte stessa, la quale è
appunto contenuta da (o in) sé medesima nel suo esser la totalità. (V.
Fondato).
Contraddirsi, illudersi, errare
Contraddirsi (illudersi, errare; I.S.²) significa non accorgersi di essere il Tutto
infinito dell’essente eterno, e cioè illudersi di esser soltanto un finito (una parte, un tempo, un luogo).
In quanto il contraddittorio
(l’illusorio, l’erroneo), in cui il contraddirsi crede, viene concepito (dal
contraddirsi stesso) come indipendente
dall’illudersi che esso si mostri – concepito, cioè, come separato innanzitutto
dall’infinito –, il contraddittorio (ad es. l’affermazione: «Tutto è niente») è
il nulla stesso. In quanto il contraddittorio è concepito, invece, come legato al contraddirsi che crede nella
sua esistenza (cioè nell’esistenza del contraddittorio), il contraddittorio è identico al contraddirsi. Cioè la
differenza è tra il contraddirsi ossia
il contraddittorio, in quanto essente,
e il contraddirsi ossia il
contraddittorio, in quanto non-essente.
Il contraddirsi è il distinguersi
tra la totalità infinita e le sue parti finite, cioè tra queste parti: è la
parte stessa (ossia il tempo, il luogo): è l’assenza (parziale, processuale) di ciò che pur appartiene a ciò
rispetto a cui si costituisce l’assenza (le parti mancanti provocando pertanto
il dolore, identico al contraddirsi).
(V. Astratto; Individuo umano; Interpretare; Isolamento; Potenza;
Volontà. Cfr. parte prima, cap. 1°, par. 5; parte terza, cap. 1°, par. 2; cap.
2°, par. 1; S.C.d.I., cap. II; cap.
VII, par. 6; cap. IX).
Cosa, qualcosa
La cosa (il qualcosa; I.S.¹) è tutto ciò che è essente: è la
totalità infinita che appare eternamente nel modo i cui certe cose si distinguono da certe
altre.
È l’apparire eterno dell’Uno (cioè della Cosa) che include sé
stesso come una pluralità limitata di «certe cose» (ossia di differenti e
finite modalità attraverso le quali il Tutto è sé stesso opponendosi al nulla).
(V. Essente; Essere. Cfr. parte prima, cap. 1°, par. 3; Appendice terza; S.C.d.I., Indicazioni preliminari…; cap.
I, parr. 6-9).
Decifrazione, lettura
La decifrazione (la lettura;
I.S.²) è decifrazione dei segni (tracce) che gli essenti lasciano, in eterno,
negli altri essenti.
Nella strada del prevalere del finito, i segni rimangono
indecifrati (e interpretati cioè alterati). Già col sopraggiungere dell’eterno
Passaggio, invece, i segni, che gli altri essenti lasciano nel Passaggio, sono
decifrati; ed anche tutti gli altri segni appartenenti alla via del Ritorno
appaiono nella loro lettura esauriente.
(V. Linguaggio; Segno. Cfr. parte seconda, capp. 3° e 4°; parte
terza, cap. 2°, par. 3).
Diacronia
La diacronia (I.S.²) è lo stesso «modo» in cui l’eterno è eterno:
il Tutto infinito appare in sé stesso (è sé stesso) nel modo diacronico in cui
dalla vita dell’Inizio si procede verso quella dell’Ultimo.
Nei «passaggi», che affiorano con la morte di ogni vita (tranne
che con la morte della vita eterna dell’Ultimo, dopo il quale non sopraggiunge
alcun altro essente), appare in modo sincronico ciò che in quelle vite appare
in modo diacronico.
(V. Divenire; Modo; Morte; Passaggi. Cfr. parte prima, cap. 2°,
par. 3; parte seconda, cap. 3°; S.C.d.I.,
cap. V, par. 12).
Differenza, distinzione
Il differire (il distinguersi; I.S.²) è il differire
dell’infinita identità dell’essere. Le differenze («la mia vita», «la tua
vita» ed ogni altro essente) consistono nei
medesimi essenti che strutturano eternamente l’identità totale.
L’autentica «differenza ontologica» (cfr. S.C.d.I., cap. III, par. 1) è, appunto, la «differenza»,
semanticamente identica alle espressioni «differenza tra l’identità e la differenza»
e «differenza tra le differenze (cioè tra le
identità)».
(V. Altro; Individuazione; Modo; Parte. Cfr. parte prima, cap. 1°;
cap. 2°, par. 1; Appendici terza e quinta; parte seconda, cap. 1°; cap. 2°,
par. 1; cap. 4°, par. 3; S.C.d.I., Indicazioni
preliminari…; cap. I, par. 3; cap. III, parr. 2, 9; cap. V, parr. 5, 14; cap.
IX).
Dimenticanza
Il dimenticare (I.S.²) è la dimenticanza del passato: ciò che
passa può essere dimenticato, solo in quanto l’essente che passa è passato, e non in quanto è presente
(cfr. parte seconda, cap. 4°, par. 6).
Nel cammino della Prima Volta, il passato appare come dimenticato; a cominciare dal
Passaggio che conduce alla via del Ritorno, invece, la dimenticanza viene
lasciata alle spalle, poiché, con quel cominciamento, il passato si manifesta come totalmente ricordato.
(V. Passato; Ricordare. Cfr. parte seconda, cap. 2°, par. 1; cap.
3°; parte terza, cap. 1°, par. 1).
Divenire, tempo, movimento
Il divenire (tempo, movimento; I.S.²) è la modalità secondo la
quale il Tutto eterno è sé stesso opponendosi al nulla.
Il «divenire» è, innanzitutto, un «venire-dal» Tutto, nel senso che
questo «venire-dal» è un dimorare già eternamente, da parte del
diveniente, in sé stesso nel suo
essere la totalità immutabile (non diveniente): l’essente diveniente non è un «venire», nel senso che non
viene dal nulla, ed è un «venire», nel senso che viene cioè
dimora già da sempre all'interno di sé in quanto Tutto infinito (cioè in
quanto non incominciante e non cessante nel nulla).
Il divenire è il tempo, ossia la parte: le parti sono i tempi
(momenti, istanti). I tempi, i movimenti sono già da sempre uguali a sé,
strutturati eternamente in sé stessi in quanto relazione immediata e assoluta
che unisce le parti (le differenze), cioè i tempi, cioè i movimenti.
Il movimento incomincia (sorge, affiora), ossia è costituito da un
primo passo, e finisce (si compie, si
conclude), ossia è costituito da un ultimo
passo; ma è il Tutto immutabile che, non incominciando e non finendo nel
nulla, incomincia e finisce, cioè si muove (in eterno).
(V. Diacronia; Evento; Finire; Incominciare; Modo; Percorso. Cfr.
parte prima, cap. 1°, par. 3; parte seconda, cap. 1°; S.C.d.I., cap. II, par. 18; cap. III).
Dolore, sofferenza
Il dolore (la sofferenza; I.S.²) è la medesima presenza parziale del Tutto (il quale è presente
totalmente nel modo in cui è parzialmente presente), immedesimata all’assenza
(anch’essa parziale).
Il dolore è la contraddizione delle differenze finite (contenute
in sé medesime in quanto uguaglianza assoluta dell’Intero), perché lo si
accetta parzialmente cioè lo si rifiuta
parzialmente.
Soffriamo, in quanto parti, per l’assenza di ciò che, in quanto
siamo il Tutto, è già da sempre e per sempre presente. Se la presenza assoluta
del Tutto infinito fosse tale indipendentemente
dal modo parziale (processuale,
astratto) in cui esso appare, allora esisterebbe l’impossibile, ossia una
felicità senza alcun dolore. Siamo
destinati a patire il dolore all’interno di noi stessi in quanto Tutto gioioso
dell’Amore, un Amore che appare in eterno proprio nel modo in cui esso è
destinato a lasciarsi per sempre alle spalle il prevalere del dolore (cioè l’eterno percorso limitato della Prima
Volta).
(V. Tragicità. Cfr. parte prima, cap. 2°, par. 2; cap. 3°; cap.
4°, parr. 2-4; parte terza, cap. 2°,
par. 5; S.C.d.I., cap. IX, par. 12).
Esperienza
L’esperienza (I.S.¹) è l’apparire cioè l’eternità dell’essere. Non
esiste pertanto differenza semantica tra l’«esperienza» («fenomenologia») e la
«logica» (cfr. S.C.d.I., cap. I,
parr. 18, 24).
Si è preferito differenziare, ne La struttura concreta dell’infinito e in quest’opera,
l’«esperienza» dall’«empirico», intendendo con quest’ultima parola il
«trasceso», ovverosia il cangiante (il diveniente).
(V. Apparire; Autocoscienza).
Essente
L’essente (I.S.¹) è la manifestazione dell’eterno esser sé del
Tutto concreto. È la vita infinita che contiene un numero limitato di vite
diverse, ossia di certi essenti (parti, tempi, luoghi). (V. Cosa; Essere. Cfr.
parte prima, cap. 1°, par. 3; Appendice terza; S.C.d.I., Indicazioni preliminari…; cap. I, parr. 6-9, 22-24).
Essenza
L’essenza (I.S.¹) è la «sintassi» (la «persintassi»: cfr. parte
prima, Appendice terza; S.C.d.I.,
cap. VI, par. 3; cap. IX, parr. 9-10) ovvero la forma
concreta dell’infinito: è l’uguaglianza che lega in eterno tutte le sue
differenze, individuazioni.
Ognuno di noi è l’essenza eterna che dal cammino della Prima Volta
procede verso quello del Ritorno; e tutto ciò accade nell’immutabilità del
Tutto concreto, cioè della stessa essenza (accade cioè in eterno, non venendo e
non andando nel nulla).
(V. Fondamento; Forma; Identità; Io; Struttura).
Essere, esistere, esser sé
L’essere (esistere, esser sé; I.S.¹) è ciò che da sempre ed eternamente
si contrappone al niente: è l’apparire infinito del Tutto concreto
dell’essente, includente sé stesso come un certo
essere.
Quando si dice che «l’essente esiste», l’«essente» è semanticamente
identico al suo «esistere». Sono semanticamente uguali anche le espressioni «l’essente
esiste», «l’essente è eterno», «l’essente appare», «l’essente si contrappone
al nulla», «l’essente è la struttura concreta dell’Uno indivisibile».
(V. Cosa; Essente; Significato; Vita. Cfr. parte prima, cap. 1°,
par. 3; Appendice terza; S.C.d.I.,
Indicazioni preliminari…; cap. I, parr. 1, 6-20; cap. VII, parr. 6, 8).
Eternità, immutabilità
L’eternità (immutabilità; I.S.¹) è l’essente stesso, che si
illumina nella sua compiutezza concreta. Che qualcosa sia eterno non significa che esso non si muova, bensì vuol dire che tutto
l’essente si muove in eterno, ossia contrapponendosi al nulla, cioè non
emergendo e non rientrando nel nulla. (V. Infinito; Necessità. Cfr. parte
prima, cap. 1°, par. 3; Appendice terza; parte seconda, cap. 1°, par. 3; S.C.d.I., Indicazioni preliminari…; cap.
II, parr. 9-16; cap. VII, parr. 6, 8).
Evento, accadimento
L’evento (accadimento; I.S.²) è il medesimo affiorante che, dopo
un certo periodo di permanenza, si dilegua. Concretamente distinto dal Tutto
infinito dell’essere, l’evento è il tempo stesso, la parte. La coscienza
infinita dell’eterno procede dal primo evento verso l’ultimo (dall’eterna
vita dell’Inizio a quella altrettanto eterna dell’Ultimo). (V. Divenire; Finire;
Incominciare. Cfr. parte prima, cap. 1°, par. 4; S.C.d.I., cap. IV; cap. V, par. 5).
Felicità
La felicità (I.S.¹) è l’essere: essere felici significa essere ciò
che si è necessariamente (essendo tutto necessario). È lo stesso Amore infinito
del Tutto.
La ricerca di una felicità mai
ultimata in cui venga a mancare la
totalità del dolore è una ricerca vana, che non potrà mai trovare quello
che cerca. La felicità autentica è qui, e in ogni istante della totalità delle
vite. Tuttavia, tale felicità autentica è ancora dominata dalle terrificanti
esperienze del percorso della Prima Volta, piene di angosce, rimorsi,
disperazioni, prostrazioni. Con lo stagliarsi del Passaggio che conduce al
percorso del Ritorno, la felicità comincia ad elevarsi e a patire in modo
sempre meno intenso il dolore che pur appare.
(V. Amore. Cfr. Prefazione; parte seconda, cap. 4°, par. 4; parte
terza, cap. 2°, par. 5; S.C.d.I.,
cap. IX, par. 12).
Filosofia
La filosofia (I.S.¹) non è soltanto un linguaggio (e in quanto
linguaggio, essa appartiene a I.S.²), bensì è la cosa stessa che il linguaggio indica. La
filosofia è cioè il pensiero, l’essere. E in
quanto linguaggio, essa è il linguaggio per eccellenza, che giace al
fondamento di sé medesima in quanto linguaggio «scientifico», «politico»,
«poetico», «artistico», etc. Qualsiasi cosa si affermi, lo si fa filosofando.
(V. Affermare; Linguaggio; Logica. Cfr. parte prima, cap. 1°, par. 2;
Appendici seconda e quinta; S.C.d.I.,
Introduzione; cap. VI, par. 5).
Finire, cessare, togliersi, dileguarsi
Il finire (cessare, togliersi, dileguarsi; I.S.²) di qualcosa è il
completarsi di ciò che, essendo affiorato, non può che procedere verso la
propria fine (eterna, come ogni movimento).
Ciò che finisce, non finendo nel nulla, rimane in sé stesso, e
continua a farsi avanti come un passato (eterno). Soltanto la fine della vita
dell’Ultimo non conduce tale vita ad una continuazione di sé in quanto
affiorante.
(V. Divenire; Incominciare; Morte; Parte. Cfr. S.C.d.I., cap. III; cap. V, par. 13).
Finito
Il finito (I.S.²) è tutto ciò che appare nel suo esser parte del Tutto infinito dell’essente
eterno. Tutti gli essenti sono
essenti finiti (astratti), all’interno della struttura infinita di questi stessi essenti (infiniti, cioè
eterni).
La finitezza è il distinguersi
tra i tempi cioè il loro esser limitati da sé stessi in quanto a-temporalità del senza
limite (cioè del Tutto infinito): la finitezza è la modalità attraverso la quale l’infinito è infinito.
(V. Modo. Cfr. parte prima, cap. 1°, par. 4; Appendice terza; S.C.d.I., cap. IX).
Fondamento
Il fondamento (I.S.¹) è tutto,
ogni essente. Il perché, la causa, il motivo per cui esiste qualcosa e non il nulla è lo stesso qualcosa che, stabilmente, si
contrappone al nulla. Tale «motivo», cioè, non
può essere diverso da ciò che si
fonda su di esso (a meno che non ci si rivolga al «fondato», il quale è appunto
diverso da sé stesso in quanto
fondamento), proprio perché, se così fosse, anche questo «motivo» sarebbe qualcosa – giacché, se esistesse tale
diversità, quel «motivo» verrebbe rinviato in
indefinitum (essendo d’altronde impossibile che il fondamento dell’essere
sia il nulla: il nulla non fonda alcunché).
Il fondamento fonda (= è) sé stesso; che esso fondi sé stesso
significa che fonda anche il «fondato»:
fonda sé stesso come fondato.
(V. Autocoscienza; Essenza; Inclusione; Originario; Sfondo. Cfr.
parte prima, cap. 1°, par. 1; Appendici terza e quinta; parte seconda, cap. 4°,
parr. 1-3; S.C.d.I., cap. II, par. 10; cap. VI, par. 4).
Fondato
Il fondato (I.S.²) è la parte, cioè il modo in cui il fondamento fonda sé stesso opponendosi al nulla. Il
fondato è fondato eternamente da sé stesso in quanto fondamento che fonda sé
medesimo e cioè, appunto, anche il fondato. I «fondati» (i «derivati», gli
«effetti», le «conseguenze») sono i tempi, già da sempre incisi nella struttura
del fondamento infinito. (V. Contenuto; Differenza; Parte. Cfr. ibid.).
Forma
La forma (I.S.¹) è l’infinito. Se la forma è intesa astrattamente, allora essa è identica al
«contenuto», incluso nella forma autentica e infinita dell’essere. (V. Essenza;
Fondamento; Identità; Io; Struttura. Cfr. S.C.d.I.,
cap. V, par. 1-3; cap. IX, parr. 1-3).
Futuro, atteso
Il «futuro» (l’atteso; I.S.²) è semanticamente identico alle «parti
(tempi, luoghi, differenze) future». Il futuro, come il passato ed ogni
presente, è già da sempre manifesto in sé stesso in quanto oltrepassamento
concreto di ogni tempo, nel modo in cui si procede dalla vita dell’Inizio, che
«ha» ma non «è» un futuro, alla vita
dell’Ultimo, che «è» il futuro di ogni altro evento senza «avere» alcun futuro.
Ciò che sopraggiungerà domani esiste eternamente proprio nel modo
in cui esso, rispetto a questo presente, è atteso ed è assegnato a manifestare,
come un passato, questo suo esser
atteso, e destinato, ancora, a passare
esso stesso (a meno che non si tratti della vita dell’Ultimo).
(V. Annunzio; Attesa; Parte. Cfr. parte prima, cap. 1°, par. 1).
Identità, uguaglianza
L’identità (uguaglianza; I.S.¹) è l’apparire dell’eternità
dell’Io concreto del Tutto: è la relazione tra ogni essente.
L’identità del Tutto indivisibile include un numero finito di
differenze; ché, se tale numero fosse infinito, l’identità non esisterebbe, e
quindi non esisterebbero neppure le differenze.
Essere identico a sé significa essere eternamente opposto al
niente, nel modo in cui l’identità
concreta nasce e muore.
(V. Essenza; Forma; Io; Struttura; Uno; Volontà. Cfr. parte prima,
cap. 1°, par. 3; Appendice terza; S.C.d.I.,
cap. III, par. 10).
Inclusione
L’inclusione (I.S.¹) è l’includente che include sé stesso come
incluso (non è cioè l’incluso ad includere sé stesso come includente: l’incluso
è incluso in sé stesso in quanto includente). Pertanto, l’includente è anche l’incluso, questo ultimo non
essendo altro che la parte, il tempo. L’includente è la trascendenza concreta
di sé stesso in quanto finitezza trascesa cioè inclusa. L’includente è il Tutto
stesso che unisce eternamente ogni sua parte.
La differenza tra l’includente e l’incluso è la stessa differenza tra gli inclusi, cioè tra gli includenti (in quanto appunto inclusi). L’includente è la
relazione tra gli inclusi, identica alla
relazione tra l’incluso e l’includente e alla relazione tra l’includente e
l’incluso. (Si deve fare in modo che il linguaggio non crei confusioni
semantiche).
(V. Fondamento; Forma; Oltrepassamento; Relazione. Cfr. parte
prima, cap. 1°, par. 1; Appendici terza, quarta e quinta; S.C.d.I., Indicazioni preliminari…; cap. I, par. 22; cap. II, par.
10; cap. III, par. 12; cap. V, par. 4; cap. VI, par. 4).
Incominciare, affiorare, nascere, aggiungersi
L’incominciare (affiorare, nascere, aggiungersi; I.S.²) di un
essente è il suo affiorare non
aggiungendosi dal nulla. Il Tutto
concreto incomincia e finisce in eterno: l’incominciante appare, ossia è
eterno, cioè si trova già eternamente all’interno di sé nel suo apparire come
non-incominciante e non-cessante, ossia in quanto
Tutto indivisibile. (V. Divenire; Evento; Finire. Cfr. parte prima, cap. 2°,
par. 3; parte seconda, cap. 3°; S.C.d.I.,
cap. II, parr. 17-18; capp. III-IV; cap. V, par. 6).
Individuazione, specificazione
L’individuazione (specificazione; I.S.²) è il particolarizzarsi,
temporalizzarsi dell’essenza concreta e trascendentale del Tutto eterno
dell’essente. Ogni essente è l’individuazione di sé stesso nel suo esser l’essenza
che così si individua. (V. Divenire; Evento; Individuo umano; Parte. Cfr. parte
prima, Appendice quinta; parte seconda, cap. 2°, par. 3).
Individuo umano
Se l’«individuo umano» è inteso come un prodotto emerso dal nulla
(magari per «volontà di Dio»), allora l’«individuo umano» (I.S.³) non esiste.
Se esso viene inteso, invece, come l’illudersi
che sia un tale prodotto, allora l’«individuo umano» (I.S.²) è la stessa «individuazione», inclusa in
sé stessa in quanto essenza infinita (cioè in quanto «popolo», inteso appunto
come la totalità delle coscienze).
(V. Altro; Astratto; Contraddirsi; Individuazione; Interpretare; Isolamento;
Potenza; Volontà. Cfr. parte prima, Appendice seconda; parte seconda, cap. 2°,
par. 3; cap. 3°, parr. 2-4, 6; S.C.d.I., cap. VI, par. 2; cap. IX, parr. 11-12).
Indivisibilità, non-numerabilità
L’indivisibilità (non-numerabilità; I.S.¹) è
l’unione eterna, l’uguaglianza che è tale nel
modo in cui l’indivisibile è divisibile
in un numero finito di elementi. (V.
Identità; Infinito; Io; Totalità; Uno. Cfr. parte prima, cap. 1°, par. 4; Appendice
quinta; parte seconda, cap. 2°, parr. 3-4; S.C.d.I., Indicazioni preliminari…; cap. II, par. 8; capp. IV-V; cap. VII, parr. 5, 7).
Infinito
L’infinito (I.S.¹) è ciò che, non essendo limitato da alcunché, è
la totalità dell’essere.
Noi siamo già da sempre ed eternamente l’infinito, lo siamo cioè originariamente, immediatamente, anapoditticamente.
Esso è, in effetti, ciò per cui
appare tutto ciò che appare, e quindi non
può non apparire: appare come il fondamento assoluto di ogni cosa, un
fondamento contenente sé stesso come finitezza fondata. Questa foglia è l’infinito, e cioè è anche un finito:
non esiste cosa che non sia l’infinito, ossia
non esiste cosa che non sia anche un
finito.
(V. Eternità; Indivisibilità; Totalità; Uno. Cfr. parte prima,
cap. 1°, parr. 3-5; Appendice terza; S.C.d.I., Introduzione; Indicazioni preliminari…;
cap. IV, parr. 4-5; cap. V, par. 10; cap.
IX).
Inizio
L’Inizio (I.S.²) è la vita che, per prima, affiora stando eternamente in sé stessa in quanto vita
infinita del Tutto concreto.
L’Inizio è il passato più lontano di tutto quel che sopraggiunge
al suo seguito. Il buio profondo di tale Inizio è la caratteristica del
«cominciamento». L’Inizio è, cioè, un «avvertire» di essere molto di più di
quell’ombra immane.
(Cfr. parte seconda, cap. 3°, par. 1).
Io, coscienza
L’Io (la coscienza; I.S.¹) è l’anima, lo spirito che consiste negli stessi essenti (mare, albero,
etc.) di cui si mostra anche il loro
esser «materia» («corporeità») di tale spirito.
La coscienza (l’Io) è il Tutto stesso nella sua concreta infinità:
è l’essere, contrapposto già da sempre e definitivamente al nulla.
(V. Autocoscienza; Identità; Volontà. Cfr. parte prima, cap. 1°,
par. 4; parte terza, cap. 1°, par. 2; S.C.d.I.,
cap. I, par. 20; cap. II, par. 7; cap. IV, par. 5; cap. V, parr. 1, 8).
Intensità
L’intensità (I.S.²) è il prevalere e non prevalere attraverso i quali
si costituisce, dapprima (in eterno), il prevalere della contraddizione del
finito e il non prevalere dell’infinito, e poi (sempre in eterno), il
prevalere dell’infinito e il non prevalere del finito.
L’intensità minima è sia
quella del dolore, la quale si manifesta nell’eterna vita dell’Ultimo, sia
quella dell’Amore, la quale appare nella vita dell’Inizio. E l’intensità massima è, anche qui, sia quella del
dolore, la quale appare nella vita dell’Inizio, sia quella dell’Amore, la quale
appare nella vita dell’Ultimo.
(V. Prevalere. Cfr. parte seconda, cap. 3°, par. 5).
Interpretare
Interpretare (I.S.²) vuol dire voler alterare l’essente che
innegabilmente si manifesta, apponendo, a tale essente, configurazioni estranee
ed ulteriori rispetto a ciò che esso in verità è.
Ogni parte è l’interpretazione della totalità, cioè anche della
parte stessa. Quando vogliamo che qualcosa sia «costruito» dal nulla (mediante
le «capacità umane»), vogliamo l’assurdo (l’inattuabile, il contraddittorio,
l’impossibile): tale qualcosa, inteso come incominciante dal nulla, è il nulla stesso (cioè non può esistere che qualcosa
sopraggiunga dal nulla), e tuttavia quel qualcosa, in quanto si pone, è la
stessa interpretazione che lo vuole, la quale si manifesta all’interno di
sé in quanto non-interpretazione del Tutto
infinito.
(V. Astratto; Contraddirsi; Isolamento; Potenza; Volontà. Cfr.
parte prima, Appendice seconda; S.C.d.I.,
cap. II, par. 19; cap. VI, parr. 1-3).
Isolamento, separazione
L’isolamento (la separazione; I.S.²) è il niente, non esiste cioè la capacità di isolare qualcosa: esiste la volontà di isolare. In questo senso, l’isolamento esiste, cioè nel
senso che è la volontà di isolare ciò che non
può essere isolato.
L’isolamento tra le parti è impossibile, è impossibile cioè la
separazione tra l’infinito e il finito. La volontà isolante è la parte stessa
che, appunto, vuole isolarsi dal Tutto (cioè da sé stessa in quanto Tutto).
(V. Astratto; Contraddirsi; Interpretare; Nulla; Potenza; Volontà.
Cfr. parte prima, cap. 1°, par. 5; parte terza, cap. 1°, par. 2; cap. 2°, par.
1; S.C.d.I., cap. IX).
Linguaggio
Il linguaggio (I.S.²) è il segno, l’indicazione che si rivolge
alla verità semantica della sintassi infinita dell’essere. Il linguaggio «ha
senso» solo in quanto è, innanzitutto,
il senso (significato) da esso
designato. Tutti gli equivoci provocati dal linguaggio scaturiscono dal mancato
rilevamento dell’identità tra il
linguaggio e ciò che esso designa. (V. Decifrazione; Filosofia; Logica; Segno.
Cfr. parte prima, cap. 1°, parr. 2-3; Appendici seconda, terza
e quinta; parte seconda, cap. 1°; S.C.d.I.,
Introduzione, Indicazioni preliminari…; cap. I, par. 24; cap. VI).
Logica
La logica (I.S.¹) è la stessa totalità dell’essente (l’autentica
«filosofia»), includente sé medesima come l’autentico
«linguaggio filosofico», contenente a
sua volta sé stesso come «logica linguistica», «logica matematica», etc.
La logica autentica è, ad esempio, questo stesso telefono (ciò che
chiamiamo «telefono») che si contrappone, in quanto Tutto concreto, al nulla
assoluto, e che si distingue, in quanto parte astratta (temporale), dalle altre
parti ossia dal Tutto che esso in verità è. La parola «logica» è semanticamente
identica alla parola «esperienza».
(V. Filosofia; Necessità; Verità. Cfr. parte prima, Appendice
quinta; S.C.d.I., cap. I, parr. 18,
24).
Luogo
Il luogo (I.S.²) è il tempo, la parte, il differire, il modo in cui l’infinito include
eternamente ogni luogo. (V. Parte. Cfr. S.C.d.I.,
cap. II, par. 18).
Male
Il male (I.S.²) appartiene a tutti noi, ad ogni essente. L’autentico
male è la volontà di dominio, di esser signori e padroni delle cose, di essere
potenti escludendo il pensiero altrui. (Precisiamo che il «dominio» che, in
questo caso, la volontà vuole, non è
lo stesso di quello che appare quando parliamo di «dominio della contraddizione
del dolore finito» o «dominio della verità dell’infinito»).
Il male è l’illudersi (il credere) di poter squartare per sempre
qualcosa sospingendolo nel nulla. Tutto è eterno, anche la tremenda volontà di
disfarsi di sé o di «qualcun altro». A cominciare dal Passaggio, il prevalere
del male si mostra come un passato; il «bene» (I.S.¹) autentico può così
dispiegare il suo apparire trionfante in ogni coscienza.
(V. Dolore; Tragicità).
Modo
Il «modo» (I.S.²) è la medesima finitezza, astrattezza,
temporalità in cui consiste ogni essente nel
suo esser parte. L’apparire concreto del Tutto vede eternamente sé stesso
in un certo numero di modi, e tale numerabilità modale è la stessa
individualità cangiante inclusa nella totalità infinita. (V. Individuazione.
Cfr. parte prima, cap. 2°, par. 2; parte seconda, cap. 2°, parr. 3-4; cap. 4°, par. 4; parte
terza, cap. 2°, par. 3).
Morte
La parola «morte» (I.S.²) può essere concepita in due modi: come
lo stesso processo del nascere e morire, e come questo morire.
La totalità infinita dell’essere è sé stessa, in eterno, nel modo
in cui nasce e muore. Ogni morte (tranne quella della vita dell’Ultimo) è
l’affiorare di un «passaggio», in cui si mostra una diacronia tra due
sincronie: tra la sincronia delle configurazioni della vita che è appena morta,
e la sincronia delle configurazioni della vita che è in procinto di nascere.
Ciò che in tali vite si manifesta in
modo diacronico appare, nel passaggio – che si affaccia con la loro morte – in
modo sincronico.
In ogni caso (tranne quello dell’Ultimo), quando si muore si
approda ad un passaggio in cui si mostra, prima,
l’insieme delle fasi della vita che è appena morta, e poi, l’insieme delle configurazioni della vita che è pronta a
sopraggiungere.
Nel percorso della Prima Volta, ci si dimentica via via delle vite vissute in passato, e non si riesce a prevedere le vite
destinate ad essere vissute nel futuro. Il passaggio è, comunque, come una
«boccata d’ossigeno» (cfr. parte seconda, cap. 3°, par. 3).
Con l’affacciarsi del Passaggio che conduce sulla via del Ritorno,
le vite del futuro appaiono come già
annunciate, e le vite passate continuano ad essere totalmente ricordate.
(V. Finire. Cfr. parte prima, cap. 2°, par. 3; Appendice terza;
parte seconda, cap. 2°, parr. 1-2; cap. 3°; parte terza,
cap. 2°; S.C.d.I., cap. V, par. 8).
Necessità, inevitabilità
La «necessità» (inevitabilità; I.S.¹) è semanticamente identica all’«eternità»,
e quindi all’«apparire», all’«essere», al «Tutto infinito». La necessità è il
destino dell’essere, è la necessità di esser ciò che si è. E ciò significa,
propriamente, che siamo noi stessi (ogni essente) ad aver già da sempre e per
sempre deciso di essere tutto ciò che siamo, e che lo siamo in modo processuale,
temporale. (V. Eternità; Verità. Cfr. S.C.d.I.,
cap. II, par. 16).
Non-apparire, nascondimento,
assenza
Il non-apparire (il nascondimento,
l’assenza; I.S.²) è l’apparire parziale
in cui consiste il modo in cui
l’apparire è la luce che illumina eternamente tutto l’essere, che illumina cioè la totalità di sé stessa.
Il non-apparire è lo stesso «nulla
come (parzialmente) affermato» (cfr. parte prima, cap. 1°, par. 5; Appendice
terza; S.C.d.I., cap. II), il quale
rinvia al nulla assoluto (e, in tal caso, il non-apparire, essendo il non-essere, è lo stesso nulla;
I.S.³).
(Cfr. parte prima, Appendice terza; S.C.d.I., Indicazioni preliminari…; cap. II; cap. V, par. 3; cap.
IX).
Numerabilità, divisibilità, molteplicità
La numerabilità (la divisibilità, la molteplicità; I.S.²) del
Tutto infinito è la necessità del distinguersi
tra gli essenti. Una molteplicità che non sia numerabile è una molteplicità che
non può essere tale, poiché i «molti», i «distinti», per essere tali,
richiedono la loro numerazione, e cioè sono gli stessi «numeri».
La molteplicità numerabile è propria dell’Uno non-numerabile, il quale è non-numerabile (indivisibile) non nel senso che esso sia un numero infinito di differenze (essendo infatti
impossibile una tale infinità di numeri), bensì nel senso che l’Uno non è ulteriormente divisibile, al di là, cioè, della divisibilità che in
esso si mostra: la non-numerabilità (infinita) è
l’identità che contiene sé stessa
come differenza, cioè come
numerabilità (finita).
(V. Altro; Differenza; Parte. Cfr. parte prima, cap. 1°, par. 4;
cap. 2°, par. 5; Appendice quinta; parte seconda, cap. 2°, parr. 3-4; S.C.d.I., Indicazioni preliminari…; cap. II, par. 8; capp. IV-V; cap. VII, parr. 5, 7;
cap. IX, par. 9).
Nulla, non-essere
Il nulla (il non-essere; I.S.³) è il negativo,
ovverosia il non-qualcosa, eternamente
contrapposto alla totalità degli essenti. Tuttavia, il nulla, che è totalmente negato dall’essere, è anche parzialmente negato, cioè
parzialmente affermato. Infatti, se il nulla non fosse così parzialmente affermato,
non si potrebbe appunto affermare che
l’essere non è il nulla. (V. Opposizione. Cfr. parte prima, cap. 1°, par. 5; S.C.d.I., cap. II).
Oltrepassamento
La parola «oltrepassamento» acquista, ne La struttura concreta dell’infinito e nel Tragico Amore, un duplice significato: il primo è quello
dell’oltrepassamento concreto (I.S.¹)
in cui consiste la totalità eterna dell’infinito; il secondo è invece quello
dell’oltrepassamento astratto
(I.S.²), in base al quale si dice che ogni diveniente oltrepassa parzialmente
sé stesso (all’interno dell’oltrepassamento concreto di ogni diveniente).
Da questo secondo significato di quella parola, scaturisce anche
l’affermazione necessaria che certi essenti eterni passano-oltre (oltre-passano) certi altri
essenti eterni.
Quando si affaccia la vita dell’Ultimo, questa vita e la sua morte
appaiono già all’interno di sé stesse in quanto oltrepassamento concreto del loro divenire; e cioè esse
sono anche l’oltrepassamento astratto di sé stesse. Quando quella
morte viene ad aggiungersi, non c’è
alcun bisogno, quindi, che la vita dell’Ultimo venga lasciata alle spalle e sia
oltrepassata da altri essenti.
(V. Inclusione; Passato. Cfr. parte seconda, cap. 3°, par. 5;
parte terza, cap. 1°, par. 1; S.C.d.I.,
cap. II, parr. 5, 10; cap. IV; cap. V, parr. 2, 3, 5, 7; cap. VI, par. 4).
Opposizione, contrapposizione
L’opposizione (contrapposizione) è la distanza infinita tra la
totalità dell’essere e il nulla. In
quanto l’opposizione è opposizione al
nulla, essa (I.S.¹) è l’essere
stesso; in quanto, invece, è
opposizione all’essere, essa (I.S.³)
è il nulla. (V. Cosa; Essente; Essere; Nulla. Cfr. parte prima, Appendice
seconda; S.C.d.I., cap. II, parr. 1-4).
Originario, immediato
L’originario (l’immediato; I.S.¹) è ciò che si manifesta sempre e
ovunque, in ogni tempo: è l’infinito, anapoditticamente in luce come fondamento
di ogni alba e tramonto. (V. Presente; Trascendentale. Cfr. parte prima, cap.
1°, par. 4; S.C.d.I., Introduzione;
cap. II, par. 12; cap. IV, par. 5; cap. IX, parr. 3, 6).
Parte, tratto
La parte (il tratto; I.S.²) è la totalità in quanto parte: è la totalità parziale, è ogni essente nel suo
essere il modo in cui lo stesso essente è infinitamente
contrapposto al nulla.
La struttura infinita della totalità concreta dell’essente eterno
consiste nei medesimi essenti (x, y, z…)
in cui consistono i tratti finiti (x,
y, z…) di questa eterna ed unica struttura.
(V. Differenza; Divenire; Individuazione; Luogo; Modo. Cfr. parte
prima, cap. 1°, par. 3; Appendice quinta; parte seconda; cap. 1°, parr. 1 e 2;
parte terza, cap. 1°, par. 3; S.C.d.I.,
l’Introduzione; le Indicazioni preliminari…; cap. II, parr. 5-8, 12-14, 18; cap. III, parr. 1,
12; cap. IX).
Passaggi, Passaggio
I «passaggi» (I.S.²) sono necessari affinché il divenire dell’infinito possa essere
tale. Infatti, il divenire è inevitabilmente un differire tra differenze, e le
differenze, nel loro differire, sono lo stesso modo diacronico in cui il Tutto è eternamente sé stesso. Da una
differenza, dunque, si passa ad
un’altra: tra le vite (sia quelle del
cammino della Prima Volta, sia quelle della via del Ritorno) appare un passaggio:
esso è appunto ciò che consente di passare ad un’altra vita.
In ogni passaggio (anche nell’eterno Passaggio «centrale»; I.S.²)
si manifesta una diacronia tra due sincronie: tra la sincronia degli stati
della vita che, prima di morire, gli mostrava in modo diacronico, e la
sincronia degli stati della vita che, nascendo (dopo quel passaggio), gli mostrerà
anch’essa in modo diacronico.
Nei passaggi appartenenti al percorso limitato della Prima Volta,
le tracce, che gli altri essenti lasciano eternamente in essi, non sono
decifrate. Nel Passaggio e nei passaggi appartenenti alla strada del Ritorno,
invece, le tracce sono totalmente decifrate – giacché il passato è rimembrato e
il futuro è annunciato.
(V. Diacronia; Morte; Passato; Sincronia. Cfr. parte prima, cap.
2°, par. 3; parte seconda, capp. 3° e 4°; parte terza, cap. 2°).
Passato
Il «passato» (I.S.²) è semanticamente immedesimato alle «parti (tempi, differenze, luoghi,
individuazioni) passate». Ciò che passa rimane in sé stesso per l’eternità, nonostante
esso appaia, nel cammino della Prima Volta, come un passato obliato. Ma con lo stagliarsi del Passaggio
e in tutto il sentiero del Ritorno, il passato si manifesta come totalmente ricordato. (V. Finire;
Dimenticanza; Oltrepassamento; Passaggi; Ricordare. Cfr. parte prima, Appendice
terza; parte seconda, cap. 3°; cap. 4°, parr. 1, 3, 5; parte terza, cap. 1°,
par. 1; S.C.d.I., cap. III, par. 6;
cap. V, parr. 5, 6, 13).
Percorso, cammino, via, processo
Il percorso (il cammino, la via, il processo; I.S.²) è il medesimo
movimento, divenire, cambiamento interno alla struttura immobile del Tutto. Il percorso
finito dell’infinito apparire dell’essere include un primo accadimento – la
vita dell’Inizio –, interno al prevalere della contraddizione del finito
(interno cioè al cammino della Prima Volta); ed include un ultimo accadimento –
la vita dell’Ultimo –, interno al prevalere dell’infinità dell’Amore eterno (interno
cioè alla via finita del Ritorno). (V. Diacronia; Divenire. Cfr. parte prima,
cap. 1°, par. 4; parte seconda, cap. 3°, par. 5; S.C.d.I., cap. IV; cap. IX, par. 9).
Potenza
Se con la parola «potenza» si intende la medesima capacità eterna di opporsi al nulla, allora la
potenza (I.S.¹) è la coscienza infinita dell’essere. Se con quella parola viene
invece intesa la capacità di far uscire qualcosa dal nulla, allora la potenza (I.S.³)
non esiste (ci si illude che esista: è la
medesima volontà – I.S.² – che essa esista). (V. Identità; Interpretare;
Isolamento; Volontà. Cfr. S.C.d.I.,
cap. VI, parr. 1-3; cap. IX, par. 1).
Presente, presenza
Il presente (la presenza; I.S.¹) è la coscienza originaria
dell’eterna struttura della totalità infinita. Lo si deve pertanto distinguere
dal «presente temporale» (I.S.²).
Tutto è già da sempre e definitivamente presente nel modo in cui esso è
temporalmente (parzialmente) presente. Il passato è presente come passato (ricordato o dimenticato), e il futuro è presente come atteso (previsto o
imprevisto).
(V. Apparire; Originario; Trascendentale).
Prevalere
Il prevalere (I.S.²) è, da una parte, quello della contraddizione
delle differenze finite e divenienti, e dall’altra parte, quello della verità
del Tutto immutabile. Il prevalere della parte è la stessa parte come distinta dal Tutto; e il prevalere
del Tutto è lo stesso Tutto come distinto
dalla parte. Il prevalere della parte finita è quello che abbiamo chiamato
«la Prima Volta», e il prevalere del Tutto è invece «il Ritorno» – tra la Prima
Volta e il Ritorno ponendosi il Passaggio. (V. Intensità. Cfr. parte prima,
cap. 2°, par. 1; parte seconda, cap. 2°, par. 1; cap. 4°, par. 3).
Prima Volta
La Prima Volta (I.S.²) è il percorso del prevalere della
contraddizione della finitezza del dolore della morte. Il cammino della Prima
Volta è costituito da un numero finito di vite (vita dell’Inizio, seconda vita,
e così via fino all’ultima), con la morte delle quali appare un passaggio che
conduce ad un’altra di quelle vite; solo l’ultima vita di quel cammino porta al
Passaggio dopo il quale sopraggiunge la via del Ritorno.
Nel percorso della Prima Volta è dominante l’angoscia, la paura,
il rimpianto, la tristezza, le guerre, i dolori fisici più atroci (in attesa
del lieto acquietarsi dell’eterna coscienza nella dimensione del Ritorno).
(Cfr. parte prima, cap. 2°, parr. 2, 5; parte seconda, cap. 2°,
par. 1; cap. 3°).
Problema, domanda
Il problema (la domanda; I.S.²) è l’assenza parziale in cui
consiste il modo di essere eterno
dell’immutabile risolvimento di ogni problema.
Ogni essente, in quanto
finito, è la soluzione astratta (parziale, astratta, incompleta) di sé
stesso (ossia del problema in cui esso consiste); ed esso è, anche, sia un problema
che è risolto dalla soluzione astratta propria degli altri essenti, sia la
soluzione astratta dei problemi in cui consistono gli altri essenti.
(Cfr. parte prima, cap. 2°, par. 1; Appendici seconda e terza;
parte seconda, cap. 2°, par. 2; cap. 4°, par. 3; S.C.d.I., cap. VI, par. 3; cap. IX, par. 9).
Reincarnazione
L’autentica «reincarnazione» (I.S.²), cioè il senso autentico
delle «vite precedenti e successive», è la necessità che l’Io infinito del
Tutto eterno esperisca tutto sé stesso nel modo in cui passa da una «propria vita» ad un’altra «propria vita».
Nel cammino finito della Prima Volta, le vite passate scendono nell’oblio e le vite future
appaiono come non annunciate. Quando
affiora il Passaggio che conduce alla via del Ritorno, la vita viene vissuta rimembrando le vite già vissute e prevedendo quelle future.
(V. Diacronia; Passaggi. Cfr. parte terza, cap. 2°).
Relazione, legame
La relazione (il legame; I.S.¹) è l’uguaglianza che unisce già da
sempre e per sempre ogni evento: è il Tutto concreto dell’essente.
La relazione avvolge la totalità di sé stessa in quanto distinzione – questa distinzione essendo la distinzione finita cioè la relazione finita. Tutte
le vite (e rispettivi passaggi) sono distinte tra di loro, cioè sono
parzialmente legate, all’interno di sé stesse in quanto infinitamente legate
nel loro non emergere e non rientrare nel nulla.
(V. Coincidenza; Identità; Inclusione; Io; Sincronia; Struttura.
Cfr. parte prima, Appendice quinta; S.C.d.I.,
cap. III, parr. 9-10; cap. IX, par. 8).
Riaffiorare, risorgere
Il riaffiorare (risorgere; I.S.²) è l’inevitabile farsi nuovamente innanzi di ciò che, non
avendo decifrato i propri segni, è appunto necessario che, nella «nuova venuta»,
gli decifri esaustivamente. La «resurrezione» autentica è, pertanto, la via del
Ritorno. (V. Ritorno. Cfr. parte prima, cap. 2°; parte seconda, cap. 4°; parte
terza, cap. 2°).
Ricordare, rimembrare
Ricordare (rimembrare; I.S.²) significa che le tracce, che il
passato lascia nel presente temporale, appaiono nel loro esser decifrate.
L’esaustività e purezza di tale decifrazione accade con l’avvento del
Passaggio, fino all’ultima identità della via finita del Ritorno. Nel percorso
della Prima Volta, invece, trionfa l’oblio. (V. Dimenticanza; Passato. Cfr.
parte prima, cap. 1°, par. 1; cap. 2°; parte seconda, cap. 2°, par. 1; cap.
4°).
Ritorno
Il Ritorno (I.S.²) è il percorso condotto dal Passaggio,
quest’ultimo essendo preceduto dalla strada della Prima Volta. Il Ritorno è il
necessario prevalere dell’infinito apparire del Tutto che si lascia alle spalle
il prevalere del finito apparire della parte.
Nella via del Ritorno (e già nel Passaggio) sono decifrati i segni
che nella Prima Volta, invece, rimangono enigmatici e svianti. In quella via,
vengono rivissute tutte le vite già sperimentate nel cammino finito della Prima
Volta; rivivendole, ci si rende sempre più conto del loro senso autentico.
(V. Riaffiorare. Cfr. parte prima, cap. 2°; parte seconda, cap.
2°, par. 1; cap. 4°; parte terza, cap. 2°).
Segno, traccia
Il segno (la traccia; I.S.²) è tutto ciò che appare come parte diveniente della totalità
immutabile.
In «questa mia vita» appare il segno di «ogni altra vita» (e in
ogni passaggio, che porta da una vita all’altra, è posto il segno di ogni altro
essente). Ad esempio, nella vita dell’Inizio appaiono i segni che tutte le
altre vite (essenti) lasciano in essa, e vi appaiono come un atteso imprevisto; invece, nell’eterna vita dell’Ultimo
appaiono, come un passato rimembrato,
tutte le vite (essenti) che la precedono.
(V. Decifrazione; Linguaggio. Cfr. parte prima, cap. 2°, par. 2;
Appendice quarta; parte seconda, cap. 3°; cap. 4°, par. 3; parte terza, cap.
2°, par. 3; S.C.d.I., cap. I, parr. 1-2).
Sfondo
Lo sfondo (I.S.¹) è l’infinito stesso: è la struttura concreta
del Tutto eterno dell’essente. Lo sfondo è costituito, pertanto, dai medesimi eterni di cui appare
(anche) il loro divenire finito ed astratto. (V. Essenza; Fondamento; Forma;
Originario; Struttura; Trascendentale. Cfr. parte prima, cap. 1°, par. 4; S.C.d.I., cap. II, parr. 15, 17, 18;
cap. IV, parr. 7, 10; cap. V, par. 3; cap. VI, par. 4).
Significato, semantica
Il significato (la semantica; I.S.¹) è il Tutto semantico
dell’essere. L’esistere è il significare:
che qualcosa esista, appaia, sia eterno, sia l’infinito, vuol dire che questo
qualcosa (che è il medesimo esistere, apparire, etc.) è significante, ossia significa
ciò che esso è (= significa).
Il significato infinito è unico,
ed è designato da una pluralità finita di segni, ossia di significati significanti (= essenti =
manifestantisi) come segni.
(V. Essere. Cfr. parte prima, cap. 1°, parr. 2-3; Appendice terza; parte
seconda, cap. 1°; S.C.d.I.,
Introduzione; cap. I, parr. 1, 2, 5, 6; cap. II, par. 18; cap. VI, parr. 1-4).
Sincronia
La sincronia (I.S.¹) è, concretamente intesa, lo stesso stare
insieme di ogni essente con ogni altro essente: è la relazione originaria che è
già da sempre ed eternamente sé stessa in
modo diacronico.
Il prevalere del Tutto infinito dell’essente, ossia l’eterna e
finita via del Ritorno, è il prevalere della sincronia tra tutti gli eventi. E
già nei passaggi appartenenti al percorso della Prima Volta appaiono delle
sincronie che sono invece assenti nelle vite specifiche di quel percorso.
(V. Coincidenza; Relazione. Cfr. parte prima, cap. 2°, par. 3;
Appendici terza e quarta; parte seconda, cap. 3°; parte terza, cap. 2°, par. 1;
S.C.d.I., cap. V, par. 12).
Struttura
La «struttura» (I.S.¹) è lo stesso Io infinito della totalità
concreta dell’essente eterno. La struttura dell’infinito comprende sé stessa
come un numero finito di «tratti»: la struttura è struttura dei suoi tratti, cioè di sé stessa in quanto tratto; e cioè i
tratti sono tratti della loro
struttura, cioè di sé stessi in
quanto struttura. (V. Essenza; Fondamento; Forma; Identità; Relazione; Sfondo;
Trascendentale. Cfr. parte prima, Appendice seconda; S.C.d.I., Introduzione; cap. VI, par. 4).
Totalità, Tutto, Intero
La totalità (il Tutto, l’Intero; I.S.¹) è ogni essente che appare anche
come un distinguersi dagli altri essenti. Questo mio star qui seduto è il Tutto infinito dell’essere, come lo
è ogni altra questità. Infatti, il Tutto concreto è veramente tutto, nel modo
parziale (diveniente, temporale, finito) che compete ad ogni essente (cioè al Tutto stesso).
La totalità concreta è cioè l’apparire eterno del processo finito
di sé stesso: è la relazione tra il cammino finito della Prima Volta e la via
altrettanto finita del Ritorno: è la-Prima-Volta-del-Ritorno, e cioè il Ritorno-della-Prima-Volta, ossia la Prima Volta
e il Ritorno (includenti il Passaggio).
(V. Indivisibilità; Infinito; Trascendentale; Uno. Cfr. parte
prima, cap. 1°, parr. 3, 5; cap. 2°, par. 1; Appendici terza e quinta; parte
seconda, cap. 1°, parr. 1 e 2; cap. 2°, parr. 1, 4; cap. 4°, par. 3; parte
terza, cap. 1°, par. 3; S.C.d.I.,
Introduzione; Indicazioni preliminari…; cap. I, par. 9; cap. II; cap. III,
parr. 5, 12; capp. VII, IX).
Tragicità
La tragicità (I.S.²) è il modo
in cui l’Amore del Tutto ama (= è) eternamente sé stesso. Questo modo è
«tragico» perché esso è il processo del
nascere e morire di ciò che, in eterno, ama ogni singolo istante di tale
processo.
Nella via del Ritorno, la tragicità, pur continuando ad affiorare,
riduce di gran lunga la propria intensità luminosa – rispetto, invece,
all’atrocità del modo in cui vengono vissute le vite del cammino della Prima
Volta.
(V. Dolore; Isolamento; Male. Cfr. Esergo; Prefazione; Prologo;
parte prima, cap. 2°, par. 2; parte seconda; cap. 4°, parr. 2-4; parte terza, cap. 2°,
par. 5; Epilogo; Conclusioni).
Trascendentale, trascendente
Il «trascendentale» (I.S.¹) autentico è il medesimo «trascendente». Il vero «apparire trascendentale» è,
quindi, lo stesso «apparire infinito
del Tutto concreto».
Se per «empirico» si intende il «diveniente» (il cangiante, il
finito, il temporale, l’astratto, l’individuale), allora il trascendentale
infinito trascende sé stesso nel suo apparire come un empirico trasceso.
(V. Essenza; Forma; Fondamento; Originario; Sfondo; Struttura.
Cfr. parte prima, cap. 1°, par. 4; Appendici terza e quinta; S.C.d.I., cap. II, parr. 17 e 18; cap.
IV, par. 9; cap. V, parr. 1 e 2).
Ultimo
L’Ultimo (I.S.²) è la vita conclusiva (l’epilogo finale) che il
Tutto è destinato a vivere (in eterno). Essa appartiene alla via del Ritorno.
Con la morte definitiva della vita dell’Ultimo, non affiora alcun passaggio,
poiché non esiste alcun’altra vita che possa oltrepassare quella vita. La vita
dell’Ultimo, infatti, si manifesta (come ogni altro evento) all’interno di sé
stessa in quanto oltrepassamento concreto
del suo divenire, quest’ultimo essendo già
di per sé stesso l’oltrepassamento astratto
di sé medesimo.
Si conclude, così, ciò che in
verità è già da sempre ed eternamente concluso, proprio nei modi specifici e processuali in cui si vive.
(V. Divenire; Evento; Finire; Morte; Oltrepassamento. Cfr. parte
seconda, cap. 4°, par. 5; parte terza, cap. 1°, par. 1).
Uno
L’Uno (I.S.¹) è ciò che noi siamo eternamente, nella molteplicità
finita dei suoi modi di contrapporsi allo Zero infinito (cioè al nulla). (V.
Indivisibilità; Infinito; Totalità. Cfr. parte prima, cap. 2°, par. 5;
Appendice quinta; S.C.d.I., cap. V,
par. 11; cap. VII, parr. 4 e 5).
Verità
La verità (I.S.¹) è l’assolutamente innegabile, ciò che in nessun
tempo può essere smentito, abbattuto. Essa è lo stesso esser coscienti di
essere eternamente contrapposti al nulla, nel modo in cui si nasce e si muore.
(V. Necessità. Cfr. parte prima, cap. 1°, parr. 2 e 3; parte seconda, cap. 3°,
par. 5; parte terza, cap. 1°, par. 2; S.C.d.I.,
cap. VI; cap. VII, par. 6; cap. IX, parr. 13, 7, 12).
Vita
La vita (I.S.¹) è, concretamente, la medesima esistenza del Tutto
infinito, includente sé stesso come una pluralità limitata di vite differenti.
Dalla vita dell’Inizio, siamo destinati (noi, che siamo l’Uno
infinito), con la sua morte, al passaggio che conduce alla seconda vita, e così via fino all’ultima vita del percorso della
Prima Volta; quando quest’ultima vita muore, si fa avanti il Passaggio dopo il
quale riaffiora la vita dell’Inizio – tale riaffiorare essendo la prima vita
della strada del Ritorno –, e così via fino al riaffiorare di quell’ultima vita
– tale riaffiorare essendo l’ultima vita del sentiero del Ritorno, cioè la vita
dell’Ultimo.
(V. Essere. Cfr. parte prima, cap. 2°, parr. 3-4; parte seconda, capp. 2-4; parte terza, cap. 2°; S.C.d.I., cap. V, par. 8).
Volontà
La volontà è sia la volontà (I.S.¹) della verità del Tutto – una volontà che vuole eternamente tutto
ciò che, in modo temporale, si contrappone al nulla –, sia la volontà (I.S.²) dell’errare in cui consiste il finito –
la quale, essendo quello stesso «modo
temporale» in cui la volontà eterna della verità vuole sé stessa, vuole
isolarsi da sé stessa nel suo esser volontà infinita (un isolamento
impossibile).
Il prevalere della
volontà isolante è assegnato ad esser lasciato indietro dal prevalere della volontà dell’Amore.
(V. Amore; Autocoscienza; Identità; Individuo umano; Interpretare;
Io; Isolamento; Potenza. Cfr. parte prima, cap. 1°, par. 5; parte terza, cap.
1°, par. 2; S.C.d.I., cap. VI, par.
5; cap. IX).