domenica 19 agosto 2012

Morte, dolore e felicità




DEL TRAGICO AMORE: pag. 270

Nonostante il prevalere dell’erranza del dolore (cioè dell’erranza in cui consiste ogni essente in quanto distinto dagli altri), il passaggio che si fa innanzi con la morte (con ogni morte, prima del Passaggio) è come (usando una metafora) un «prender fiato», «una boccata d’ossigeno» dopo la (breve o lunga) avventura «in apnea» della vita appena morta; un prender fiato che, però, non si prolunga all’infinito, ma è necessariamente seguito dalla vita successiva, e quindi, dopo quel respiro liberatorio, ci si immerge nuovamente negli abissi della vita avvolta dal dolore (abissi e labirinti in cui ci si trova inevitabilmente ed eternamente durante tutto il corso limitato della luce tenebrosa dell’eterna Prima Volta – quest’ultima essendo l’attesa di quell’atteso che è il finito Ritorno splendente degli eterni che, nella Prima Volta, rimangono avvolti dal peso angosciante che il prevalere della contraddizione porta con sé). 


DEL TRAGICO AMORE: pagg. 280-281

Ansia, paura, angoscia, trepidazione, concitazione, angustia: è questo ciò che prevale compiendo i primi passi, nell’eternità della vita dell’Inizio, della seconda vita e di alcune altre, prima che l’oblio del passato, crescendo, incominci a farsi sentire con una certa determinata forza, consistenza. Quando, nelle prime esperienze (vita dell’Inizio, seconda vita, etc.), l’estensione del passato è ridotta al minimo, cresce la preoccupazione per ciò che verrà, dovuta allo stato confusionale e di spazio alquanto limitato che rendono l’io vulnerabile e colmo di apprensione e turbamento. Crescendo, l’Io infinito, nonostante il prevalere del finito, acquisisce sempre maggiore padronanza dei propri mezzi, più sicurezza e predisposizione in vista di ciò che, illudendosi, crede di poter «costruire», «produrre»; e tuttavia, proprio per l’accrescimento del passato (benché sia per lo più dimenticato), aumenta la nostalgia, il pentimento, il rammarico, il cordoglio, la depressione, la tristezza, la malinconia, la disperazione, il malumore. (Cfr. Glossario, «Dolore»).


DEL TRAGICO AMORE: pag. 350

La felicità intesa come «assenza di dolore» è un’illusione, proprio perché il «dolore» è la medesima «assenza»: ci manca, in un certo tempo, quel che pur ci è presente, in un cert’altro tempo – e pertanto soffriamo; tuttavia, ogni essente è presente, nonostante lo sia, appunto, nel modo in cui esso è (parzialmente) mancante (e cioè parzialmente presente) – e questa presenza totale è il nostro stesso gioire, cioè amare quel che necessariamente siamo (nella tragicità che accompagna le nostre esperienze).