giovedì 22 novembre 2012

Necessità del futuro, futuro della Necessità


Già da sempre in luce, ognuno di noi è l'apparire di ogni altro, nelle modalità cangianti e individuali le quali, nascendo e morendo, scolpiscono l'infinito volto dell'essere. Nell'Amore di questa sapienza infinita, la tragicità del vero sta proprio e per l'appunto nell'attraversare il percorso dei tratti e di ogni contorno dell'eterna scultura che tutti noi siamo in verità.

Necessario è il dolore, perché necessaria è la Necessità del bene supremo il quale, soffrendo, scorge sempre di più di essere il fondamento dei suoi mali. Attendere il futuro significa, dunque, stare in attesa non solo di altri modi di essere, ma anche e innanzitutto del rendersi sempre più conto di essere l'unica coscienza infinita di ogni tempo, e quindi di ogni passato e di ogni futuro (e di ogni "presente temporale").

Poiché il Tutto (e quindi ogni passato e futuro) è immutabile, e poiché è così immutabile in un numero limitato di tempi, è impossibile che il futuro continui a diversificarsi all'infinito, giacché verso un ultimo evento procediamo. E poiché, ancora, il Tutto è immutabilmente manifesto, è inevitabile che l'ultimo evento (l'Ultimo) sia eterno proprio nel modo in cui, dapprima, lo attendiamo, successivamente lo incontriamo, per poi, infine, esperire la sua morte necessaria. Ed è così che il Tutto muore in eterno, dietro questa morte ponendosi il tracciato finito che, dalla nascita eterna del Tutto, conduce quest'ultimo al suo epilogo naturale e conclusivo. Tutto appare in eterno nel modo processuale che compete ad ogni essente.