Il futuro, ossia ciò che è anche un futuro è, anzitutto, il Presente Eterno che ogni tempo è (anche quello del più
lontano passato), in quanto concretamente
unito ad ogni altro tempo. Essendo l’unico
Presente Eterno del Tutto, ciò che
appare anche come un futuro può apparire in tal modo solo in quanto è un «presente temporale» (all'interno di sé, appunto, in quanto Presente Eterno) e quindi (anche) quello in cui consiste il «futuro». Ciò
significa che il futuro non è soltanto un «poi», anzi può essere
(anche) un «poi» solo in quanto è, originariamente,
già da sempre accaduto, nel modo in cui, appunto, accade anche come un «poi». Si procede verso il futuro, pertanto,
nel senso che si procede verso ciò che, originariamente, è già accaduto sin
dall’eternità e continua ad accadere, sempre, già da sempre e per l’eternità.
Ed è proprio perché brilla già da sempre in sé stesso, è proprio perché, cioè,
il futuro non ha mai cominciato ad essere questo brillare già da sempre e all’infinito, è proprio per
questo che esso può ed è necessario che sia così già da sempre accaduto nel modo in cui è anche un «poi», cioè nel modo in cui si procede verso di esso.
Il futuro, pertanto,
come ogni altro tempo (= luogo), è sempre
in luce, ma nel modo opportuno. Per ora, inteso come ciò che non è più
atteso ma che è già sopraggiunto brillando nella Luce di sé stesso, il futuro non prende spicco (ossia non ci si
accorge di esso) pur apparendo, e tuttavia brilla
già, appunto, come atteso, e cioè
questo «presente temporale» è la stessa «attesa» eterna dell’eterno
futuro destinato a brillare. Decifrando correttamente solo alcuni dei segni che
appaiono, ci si può già in qualche modo accorgere della «carne» e delle «ossa»
vissute dal/nel futuro. Basta guardarsi attorno (= respectus = decifrare senza alterare il volto che appare) e avvertire di essere il Tutto, cioè il Presente Eterno che sta al fondamento di ogni proprio tempo (= luogo =
differenziazione) interno. Tutto ciò che, scorrettamente, interpretiamo come
l’esser soltanto «coscienza altrui», è in verità un passato o un
futuro di quella che per ognuno è la «propria
vita».
Io, nella mia vita, sto già osservando, nel modo
congruente e opportuno, alcune di quelle vite che, rispetto alla mia, sono un
passato (per lo più obliato) e un futuro (per lo più imprevedibile). Se, ora, prevalesse l’Eterno Presente che tutti
sempre siamo e cioè che sempre appare, prevarrebbe la decifrazione esaustiva di tutti quei segni che ora,
non decifrandoli esaustivamente ma in forma molto ridotta e comunque parziale,
ci gettano per lo più nell’illusione di non vedere l’Eterno Presente e quindi
tutti i suoi tempi (compreso il futuro).
Quando a brillare
sarà (è) la verità del Tutto gioioso (che tutti siamo), la sofferenza non verrà
meno, bensì verrà patita con sempre minor
intensità, nel senso che essa stessa verrà sempre
più amata (accettata, pur con senso critico). In realtà, il Presente
Eterno, al prevalere del quale siamo destinati (già da sempre e che già da sempre
viviamo, in verità), è l’Amplesso di tutto con tutto: il Concerto di ogni
esperienza sensibile con ogni altra. L’Anima o Coscienza di cui qui si sta
parlando è lo stesso Organismo o
Corpo Vivente Assoluto, è cioè l'identità che lega in eterno tutti i «corpi
finiti». Quindi non è una Coscienza
che non sia «partecipe», «in carne ed
ossa», di tutto ciò che si prova attraverso la corporeità. La Coscienza totale sente tutto, prova tutto, gioisce di
ogni gioia e patisce ogni dolore, in
concreto.