Il motivo per cui
siamo qui (in eterno) è l’Amore. Non esiste cosa che non sia l’Amore, non
esiste esperienza che non sia un gesto d’Amore. Difatti, l’Amore autentico è
l’infinito legame che unisce già da sempre tutte le «nostre vite», che sono le
vite di questo legame,
originariamente identico ad ogni coscienza.
Disdegno, crudeltà e
atroci sofferenze sono ancora prevalenti e «all’ordine del giorno», e tuttavia
è l’Amore a volere (cioè ad amare, mostrare, essere) eternamente tutto ciò – e
a volere, a maggior ragione, l’oltrepassamento futuro di questo prevalere (un
oltrepassamento che è «futuro» rispetto a
un prevalere siffatto, manifesto a sua volta come il «passato» di tale oltre-passamento, tutti gli eventi «passati»,
«futuri» e «presenti temporalmente» essendo un «presente eterno», cioè
costituendosi in eterno, ossia non
emergendo e non rientrando nel nulla).
Vitale è ogni evento,
sensazione, emozione; è quello che stiamo provando qui, ora, coi turbamenti e
le angustie; è tutto il passato (in gran parte ancora nell’oblio) e l’attesa di
quell’oltrepassamento, ossia del «Ritorno» (riaffiorare) di tutte le vite che,
nella «Prima Volta» (cioè nel percorso del dominio della morte, sul quale
camminiamo ancora, in attesa che si stagli il «Passaggio» che conduce a quel Ritorno),
rimangono avvolte da timori e disperazioni, con l’illusione, anche, di poter
patire (o gioire) «all’infinito».
La tragicità dell’Amore è assegnata a
sopraggiungere all’interno di quel Ritorno, dove l’intensità della contraddizione
del dolore va via via riducendosi.
Amiamo sempre, anche
quando a prevalere è il credere di
odiare e di amare – questo «credere» costituendosi come l’autentico significato dell’«odio», che altro non è che il non
accorgersi di amare. Amare è indispensabile, e cioè tutto è indispensabile, importante, degno di essere vissuto, perché
chi ama è il Tutto, uguale ad ogni cosa. Ognuno di noi è infatti, in una
molteplicità finita di modi, l’unico respiro dell’essere.