sabato 5 agosto 2017

Un'esperienza personale



Riportiamo, qui di seguito, la mia risposta a Paolo Dova, intorno a un'esperienza individuale che ho avuto la fortuna di avere all'età di dieci anni.

Come ora, io, sento di essere questo corpo umano ma non altro, in quell'esperienza sentivo di essere il confine estremo, di forma sferica, e tutto ciò ch'esso accerchiava (accerchia da sempre e per sempre). Ma (prevalentemente) al buio, nel senso che a brillare nella Luce del Cerchio era l'ombra finita che nella Prima Volta è appunto prevalente. Chiudendo gli occhi involontariamente. Tutto in un paio di secondi. Non di più. Ad una velocità elevatissima dal punto in cui mi trovavo fino a quel confine estremo. Le percezioni colorate (i punti del Cerchio) erano svianti e sfumate, per lo più indecifrabili. Era un puro "sentire" di essere Tutto pur non assistendo al prevalere della struttura colorata, alle differenze. Sapevo, in quei due secondi, di non poter andare oltre quel confine, perché andare oltre sarebbe stato non essere, finire nel niente assoluto. E sentivo proprio tale impossibilità. La sentivo, in un senso diverso e ulteriore da come la sento quando faccio un ragionamento logico attraverso un linguaggio. Fu un'esperienza travolgente, nel senso che non era l'effetto di una mia volontà (pur essendoci la volontà...). Mi capitò cinque o sei volte, sempre all'età di dieci anni. 
Poi, dopo sei lunghi anni di attesa e pazienza, col linguaggio di Severino cominciai a tradurre nel linguaggio logico quella mia esperienza, e con l'andare degli anni, formulando il mio discorso filosofico, tutto, di quell'esperienza, mi apparve chiaro (al di là di ogni fittizia interpretazione): il Cerchio di Luce, che illumina Sé stesso in una molteplicità di colori, ero e sono Io: dalla Prima Volta al Ritorno, la linea circolare (il tracciato finito in cui consiste la Scala perfetta dell'infinito) mi apparve, poi, col passare degli anni, in modo sempre meno enigmatico e cioè sempre più decifrabile, pur restando prevalentemente all'interno della Prima Volta.
Il ragionamento logico, comunque, rimane alla base di ogni singola esperienza individuale, alla quale (per chi non l'abbia vissuta) si può credere o non credere (mentre, per chi l'abbia vissuta, come me, rimane il Concretissimo, così come lo è la logica autentica che avvolge ogni "ragionamento" intorno ad essa). Mentre, nella logica autentica, comunicandola all'altrui coscienza, ci si confronta poiché l'interlocutore ne ha un riscontro concreto all'interno della propria coscienza. Pertanto, è preferibile che lo sguardo di ognuno si rivolga per lo più a tale ragionamento logico e non già a quell'esperienza (o a possibili altre, anche non mie).

5 commenti:

  1. Giacché hai 'rilanciato' qui la 'spinosa' questione, anche a fronte dei chiarimenti sulla particolare natura della tua esperienza 'al confine dell'Essere', richiamo qui quanto stavo ancora rimuginando in relazione ai punti 2 e 4 della tua risposta in quest'altro post http://marcopellegrino.blogspot.it/2017/07/rappresentazione-grafica-del-cerchio.html?showComment=1500501086364#c3520293748127503562, laddove parli di "decifrazione all’interno della Prima Volta, quantomai ancora inadeguata rispetto all’esaustiva lettura dei punti che appare nel Ritorno" ed affermi altresì che "nel Ritorno (riguardo al quale ti chiedevo di rendere nota la precisa individuazione dei passi dei tuoi testi dove ne dai incontrovertibile definizione) 'si sente' tutto, oltre il prevalere di ogni tipo di linguaggio cioè di testimonianza della verità". A proposito di quel non meglio chiarito, 'oltre-modo' significativo sentire, tale tipo di conoscenza deve 'esaurire' già in sé, contenendole, tutte le distinzioni fra le parti concettualmente determinate, presupponendo una sorta di 'inafferrabile' muto sapere totale intuitivo ed immediato, di natura pre o extra categoriale, che tuttavia conserva la dettagliata 'integrale mappatura' di tutti i parziali 'aggregati' del passato ed altresì pre-vedendo quelli futuri, dovendo giocoforza conciliare la immediata con-centr-azione del Tutto in un Punto, la cui 'natura' è al contempo coincidente ed opposta a quella della sua definizione. Relativamente alla traduzione di quella che definisci la "logica autentica che avvolge ogni 'ragionamento'", dunque, proprio laddove qui dici "sentivo, in un senso diverso e ulteriore di come [la] sento quando faccio un ragionamento logico attraverso un linguaggio", si pone il 'serio' problema di come e fin 'dove' si estenda il 'volume complessivo' del poter 'legittimamente' dire quel sentire... Fra l'altro, nella misura in cui si sente tutto, oltre ogni linguaggio, quel sentire, a rigore, non potrebbe sapere né parimenti dire nulla di in qualche modo definibile... In tal senso, parrebbe doversi necessariamente presupporre un 'doppio canale' sul quale dover 'muovere'...

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  2. La laboriosa discorsività del ragionamento logico dell’uomo (come ad es. la mia), pur rimanendo alla base di tutto ciò che, nel Regno Umano, può essere “scoperto” (ad es. attraverso esperimenti tecnico-scientifici) e “vissuto” (come la mia esperienza personale), è comunque destinata ad essere lasciata indietro e cioè oltre-passata da tutti quegli altri tipi di linguaggio (inteso, in senso ampio, come INDICAZIONE di ciò che da ultimo è in piena luce, giacché ogni singolo essente, in quanto singolo, è un certo linguaggio, è appunto un’indicazione, un segno, uno spettatore) che, nella Prima Volta, accerchiano, in senso relativamente verticale (nell’orizzontalità della Prima Volta), il Regno Umano e quindi il nostro attuale “ragionare” (“spiegare”, “discorrere”).
    Pertanto, con quei nuovi linguaggi futuri si riuscirà a comprendere, in modo meno faticoso, problematico e limitato, ciò che, ora, comprendiamo con più difficoltà e incertezza. Così come noi umani, magari, comprendiamo con meno difficoltà (attraverso ad es. i nostri ragionamenti) ciò di cui un semplice animale, probabilmente, nemmeno si accorge.

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  3. Comunque, in generale, rispondendo alla tua domanda sul “sentire” e sul suo rapporto col linguaggio e col Ritorno, uso una metafora.
    Prendi uno specchio, quello che usi tutte le mattine per guardarti, e immagina che sia circolare. Immagina poi che non esista un “esterno” rispetto allo specchio, e che il suo “interno” sia costituito da un certo numero di altri specchi circolari, fino al più piccolo specchio “centrale” (che corrisponde al “punto centrale” della rappresentazione grafica dell’altro post).
    Orbene, lo Specchio infinito non è soltanto il primo specchio includente tutti gli altri (il quale è invece l’ultimo istante del Ritorno, a cui siamo destinati, giacché stiamo appunto “salendo” verso di esso che già ci include da sempre in senso relativamente verticale, nell’orizzontalità che compete al “percorso” dell’ “andare avanti”), bensì è l’identità che unisce e che consiste in ognuno di quegli specchi circolari, i quali, in quanto sono ANCHE distinti tra loro, sono specchi FINITI, ossia prospettive limitate (a, b, c, d... pPV1 cioè l’ultimo istante del Ritorno) attraverso le quali lo Specchio (ABCD – che consiste appunto nell’unione concreta degli stessi a, b... pPV1) vede sé stesso.
    In qualsivoglia punto dello Specchio ci si trovi, è in luce LO STESSO (ABCD), poiché ovunque lo Specchio volga lo sguardo non può che vedere sé stesso. Lo specchio più esteso, includente tutti gli altri, essendo uno “specchio” vede sé stesso in tutti quelli che include, che a loro volta vedono comunque sé stessi in ognuno degli altri. L’unione di questo trasparente autorispecchiamento è appunto l’Io infinito in cui lo Specchio consiste. L’Io infinito procede dal “punto centrale” allo specchio più esteso. E questo “procedere” è già da sempre ultimato, è eterno.
    Il “punto centrale” non è altro che il modo estremo e PIU’ intenso di “indicare” lo Specchio che esso stesso è nel profondo. “Nel profondo”, cioè in TUTTI i punti o specchi (nella loro unione che pur sempre in modo finito-diacronico traspare a sé stessa). E cioè è il modo MENO intenso di “sentire” (ossia di accorgersi) di essere lo Specchio.
    Nello specchio finito in cui consiste l’individuo umano della Prima Volta, quel “sentire” è ancora di bassa intensità, e pertanto abbiamo maggior bisogno di “indicare” lo Specchio. Infatti, “sentiamo” di essere questo “corpo umano” manifesto all’INTERNO di un contesto molto più ampio e ignoto. Se “sentissimo” di essere L’INTERO contesto, saremmo già nel Ritorno, e quindi quel “sentire” del “corpo umano” apparirebbe ma non prevarrebbe (così come, ora, appare sì il “sentire” “le mie mani”, ma non prevale poiché a prevalere è l’INTERO “corpo umano”).
    Dunque, il “sentire” di cui parlo, che dall’Inizio conduce all’Ultimo, è il fatto stesso di “includere”, in senso relativamente verticale, tutto ciò che, nell’orizzontalità di quel senso, è un “passato”. Nel Ritorno, l’ “inclusione” è sempre più ampia, e quindi è sempre meno prevalente il bisogno di “indicare” quel “futuro” consistente nelle “inclusioni” più ampie ancora, fino all’ultima, quella dello specchio finito includente tutti gli altri. In quest’ultimo, lo Specchio infinito ha ormai il bisogno MINIMO di indicare sé stesso, poiché è (già da sempre) giunto (perdurando all’infinito) al MASSIMO “sentire” di essere sé stesso.

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  4. Intanto, quanto ai linguaggi futuri di cui dici, oltre a doverne dare una qualche indicazione di massima, non sarei così sicuro che essi debbano necessariamente escludere le forme espressive che sono proprie degli animali o di altri 'enti'. In linea di principio, potrebbe anche trattarsi di un linguaggio che 'integra' e fa tesoro di modalità comunicative delle quali siamo piuttosto noi a non 'accorgerci'...

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  5. Sì, certo. L'oltrepassamento non è la rimozione totale dell'oltrepassato (l'oblio è sempre parziale, pur prevalendo nella Prima Volta). Anzi, più si va avanti, nella Prima Volta, e più il senso più ampio del linguaggio si perfeziona, come volontà pubblica di indicare il vero, e quindi quell'integrazione è certamente una possibilità... Per "linguaggio futuro", diverso da quello attuale appartenente al Regno Umano, intendo una designazione che, in corrispondenza della maggior visibilità del designato, è più "istantanea", diciamo così, rispetto alla lenta operosità del modo attuale di comunicare...

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