sabato 29 settembre 2018

Corpo umano e pensiero: un estratto di "Silenzi e respiri del destino"




[pp. 442-443]

Solitamente, l’uomo non dice mai di essere l’albero, il monte, la vita degli altri esseri umani, una stella, ecc. E quindi si trova prevalentemente nell’illusione. [...]
Quello che l’uomo chiama «il corpo umano», in quanto (anche) distinto dagli altri essenti, in verità è in luce all’interno della visione immediata (l’infinito che in verità ogni essente è) che osserva (anche) «il corpo umano» come distinto dagli altri eterni. È il pensiero (la coscienza) a vedere, non l’«occhio» (in quanto distinto dagli altri essenti). L’occhio, in quanto distinto dagli altri eterni, è una delle molteplici prospettive finite attraverso le quali il pensiero vede, ma è appunto e sempre il pensiero a vedere (giacché il «vedere» è lo stesso «essere» di ciò che è anche un «veduto»), poiché esso è il vedere stesso.
Tuttavia, ciò non significa che l’occhio così inteso non sia un vedere, bensì significa che esso, così inteso, è uno dei tanti «ciò attraverso cui» il pensiero vede. Durante il cosiddetto «sonno», non è l’occhio così inteso a vedere i cosiddetti «sogni». Oppure, quando si ha una certa immagine nella propria mente, non è l’occhio a vederla. È sempre e soltanto il pensiero a vedere.
Noi tutti siamo destinati a renderci sempre più conto di essere da sempre il pensiero assoluto in cui il destino infinito del Tutto consiste. L’inconscio di ognuno di noi, in quanto siamo (anche) modi finiti di apparire, è lo stesso per ognuno di tali modi, giacché è tale stessità che, ad un certo punto di quello che possiamo chiamare «il processo universale» (cioè il cammino finito che nell’infinito si manifesta), incomincia a brillare come ciò che essa in verità è, cioè come coscienza infinita che si lascia alle spalle il prevalere della propria illusione di esser soltanto una finita coscienza.

9 commenti:

  1. FEDERICA:

    Marco sono felice di aver trovato il tuo blog di filosofia, mi sembra il pensiero di un'anima nobile e sensibile, che comprende e indaga la sofferenza, perciò ti chiedo di aiutarmi a capire come si fa a superare il dolore di un corpo che finisce.? Come facciamo a non legarci a questa vita visto che è l'unica che siamo certi di vivere? Dove finirà il nostro pensiero dopo la morte?

    RispondiElimina
  2. MARCO:

    Ciao Federica, piacere di conoscerti. I post del mio blog sono solo un cenno rispetto a quanto vien detto nei miei libri, e questi ultimi solo un altro cenno rispetto a quanto la mia coscienza esperisce (la quale è a sua volta un cenno rispetto alla sua profondità per lo più inconscia attualmente ma destinata ad uscire sempre di più dall'inconscio). La morte della tua identità individuale (compreso il corpo) è un passaggio a un'altra vita. Nel passaggio appaiono due eventi, due istanti. Prima appare tutta la tua identità appena morta cioè compiuta, in carne ed ossa e non semplicemente in un'immagine: appare cioè tutto quello che hai vissuto nella tua vita, in un istante (come vedere il film della tua vita tutto insieme e non fotogramma dopo fotogramma come invece accade durante questa tua vita). Dopo questo istante, in quel passaggio della morte (cioè del compimento che non distrugge nulla del passato poiché tutti gli eventi sono eterni, proprio come fotogrammi già da sempre inclusi nel Proiettore Universale che tu ed ognuno nel profondo siamo da sempre) appare un altro istante dove viene anticipata tutta la tua prossima vita. Dopo il passaggio (formato da questi due istanti), comincia la tua prossima vita (umana), vissuta vicendevolmente come tutte le altre, lasciando per lo più nell'oblio questa tua vita precedente. Tu (ed io ed ogni forma di coscienza cioè di manifestazione del reale) sei in verità il Proiettore assoluto, cioè l'Organismo assoluto dell'Universo, che si sta prevalentemente illudendo di non esserlo e di essere soltanto un tratto (ad es. la tua vita attuale). Hai lasciato per lo più nell'oblio tutte le tue vite precedenti (non solo umane ma anche quelle di tutti i Regni probabilmente inferiori, come quello vegetale, minerale, cellulare, delle molecole più piccole, dei fotoni, ecc.), e credi che il tuo futuro sia ancora un nulla e che dopo la tua morte non ci sia altre vite da vivere. Invece tu sei l'unico Organismo assoluto esistente, che vive processualmente (come in un film o leggendo un libro) tutte le sue vite. Il problema è che tale Organismo, che nel profondo è già da sempre compiuto (ossia ha già vissuto tutte le vite, passate e future che siano), si trova ora in quel sentiero che chiamo "la Prima Volta", dove a prevalere nella Luce di sé stesso non è esso in quanto tale ma esso in quanto "modo" di assistere allo spettacolo di sé stesso. Questo prevalere della modalità è fuorviante, è il prevalere dell'illusione di non essere, appunto, l'Organismo assoluto. Ma, dopo aver vissuto tutte le vite della Prima Volta, tale Organismo è destinato a ri-viverle accorgendosi concretamente di sé stesso, cioè appunto di essere solo Lui a viverle tutte (diacronicamente). Tale accorgimento concreto lo chiamo "il Ritorno". Siamo destinati al Ritorno, dove la Gioia dell'Organismo si intensifica sempre di più, riducendo al minimo il dolore, il male. Lo so che non è facile capire queste riflessioni ma sono il frutto di mie esperienze e ragionamenti molto complessi e lunghi.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Marco anche io ho tanto piacere nel conoscerti e soprattutto nel leggerti. Ti ringrazio molto per la tua risposta che mi ha suscitato molti interrogativi. Leggendola ho capito che il tuo ragionamento nasce da una lunga e profonda riflessione e che sei giunto ad avere delle certezze mentre io mi sento nella disperazione e passo attraverso stati d'animo contrastanti. Se ti dovessi spiegare con una metafora come mi sento ti direi che sono una barca alla deriva senza remi in mezzo al mare e in balia delle onde. Quindi le tue certezze mi danno speranza. Mi piacerebbe che tu condividessi con me come sei giunto a questa riflessione. E perché dovremmo essere felici di ritornare in questo mondo dove si rinnova anche il dolore e dove accanto all'eterno ritorno, ritorna anche la nostra fine infinite volte?
      Ci sarà un ultimo "Ritorno"?
      Come faremo a riconoscerLo?
      Grazie mille Caro Marco.

      Elimina
  3. Allora Federica, intanto non si tratta di "infinite volte" di un "eterno ritorno". Quello che tento di testimoniare è altro ed è anche la negazione di un "numero INFINITO di volte" in cui il Tutto apparirebbe. "Numero infinito" è come dire "numero non-numero", "numero non numerabile". E' una contraddizione. Il Ritorno di cui parlo è già vissuto da sempre, sin dall'eternità e per sempre. Tutto (passato, presente e futuro di ognuno) è vissuto immutabilmente, fermamente, da sempre e per sempre, una sola volta eterna, già da sempre scolpita nel Tutto che noi siamo. Quindi il Ritorno è unico. E' il primo e ultimo Ritorno, appunto perché è unico, è uno solo. Così come è unica la Prima Volta. Il Tutto è l'unione eterna della Prima Volta e del (suo) Ritorno (che è il Ritorno della Prima Volta). Ma il Ritorno è "della Prima Volta" non nel senso che la Prima Volta "si ripete nello stesso modo in cui è già apparsa", bensì nel senso che viene "ri-vissuta in un altro modo", quello appunto del Ritorno.
    Il "dolore", nel suo senso più ampio, è, metaforicamente, ogni "fotogramma" illuminato dal Proiettore assoluto (infinito, eterno), nel senso che il Proiettore (l'Organismo assoluto dell'Universo che noi sempre siamo, anche non prendendo spicco nella Luce di sé stesso e quindi, per lo più, non accorgendosi di sé stesso), illuminando sé stesso "fotogramma DOPO fotogramma", NASCONDE via via qualcosa di sé (che pur vive in altri tempi). Questo nascondimento parziale è doloroso appunto perché è l'assenza (parziale) di qualcosa che pur è presente altrove. Soffriamo perché "ci mancano" tutti quei momenti che pur viviamo in modi diversi da quello in cui prevale tale mancanza. La sofferenza è cioè la "modalità" (limitata-processuale, come quando si vede un film, ansiosi di vedere come procede e come si conclude, non potendolo vedere "tutto insieme" senza la sequenza di immagini) secondo la quale il Tutto (il Proiettore, l'Organismo assoluto che noi siamo) si specchia in sé stesso, si osserva, contempla, esperisce la vita totale di sé stesso.
    Il Tutto è quindi illuso di non essere il Tutto, ma di essere SOLTANTO una parte (così come tu, ora, che in verità sei il Tutto, ti stai prevalentemente illudendo di essere SOLTANTO "Federica"). Questo è il fondamento di ogni sofferenza.

    RispondiElimina
  4. Ma il Tutto autoilluso NON è SOLTANTO illuso. Anzi, può essere così parzialmente illuso solo sul fondamento del proprio NON illudersi abissale. Il Tutto è la Coscienza, cioè la Luce che illumina tutto (di sé, in varie angolazioni o prospettive, cioè colorandosi in molti modi). Tu, guardando gli alberi, i monti, le stelle, i tramonti e tutto ciò che osservi, osservi in realtà Te stessa, per lo più illudendoti di vedere "altro" da Te. Tutto quello che vedi sei Tu. Sei lo Specchio che si specchia ovunque qualcosa sia in luce, seppur in modo diacronico e limitato. Ma è solo il "modo" ad essere "diacronico e limitato". Ciò che si mostra in tal modo è invece la Sincronia o Simultaneità di tutto con tutto.
    Il Ritorno si riconosce perché è il rimembrare o il "ricordo in carne ed ossa" del primo e di tutti i passi successivi fino all'ultimo della Prima Volta. E' come quando appaiono i ricordi della nostra infanzia. Sappiamo di essere noi quelli del passato. Il Ritorno non è però similare alle "immagini" dei ricordi attuali (come quelli dell'infanzia), bensì è costituito proprio dalle "stesse esperienze già vissute in carne ed ossa" nella Prima Volta. In questo senso, è di gran lunga più "concreto" delle più "astratte" immagini attuali del ricordare il passato. Non solo, ma, quando comincia il Ritorno, andando avanti verso il futuro e quindi verso l'ultimo passo dello stesso, è come andare avanti verso una porta che è già "pre-veduta", "pre-annunciata". Noi oggi crediamo che il futuro sia ancora inesistente perché le sue "porte" non brillano nella Luce ma si adombrano. Sogguardarle è già tanto.
    Per ora mi fermo qui, altrimenti il dialogo si infittisce di troppe tematiche. Attendo una tua replica.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Marco sono Federica mi hai messo in crisi con la risposta sul blog. Ti chiedo un aiuto per capire meglio il tuo pensiero: Come concepisci il male? E come si relaziona al concetto di "Coscienza Universale"? Credi che ci sia un destino da amare anche quando è avverso?

      Elimina
  5. Ciao Federica, il "male" è la "sofferenza" stessa di cui ho parlato nei commenti precedenti. Li uso come sinonimi. Si tratta quindi di "sofferenza" nel suo senso più ampio. Il male è cioè ogni singola "individuazione" del Tutto (cioè del Bene assoluto) che, appunto individuandosi in sé stesso (in me, in te e in qualsiasi altra parte di sé) e cioè essendo parzialmente illuso di non essere il Bene o l'Amore infinito dell'Universo, tratta sé stesso come se fosse "altro" da sé stesso, e quindi vuole, illudendosi, modificare sé stesso. Ma nulla è modificabile, poiché tutto è già da sempre compiuto. Il male (o violenza) o quindi la nostra stessa volontà di agire, di "fare", di creare e distruggere le cose. Una volontà che, appunto, si illude, proprio perché le cose non vengono né "create" né "distrutte". Ma il Tutto ama tutto di sé stesso, nel profondo più abissale. Accetta con senso critico tutto il proprio male interno, tutte le proprie sofferenze. Non li accetta semplicemente senza criticarli, ma, appunto, con senso critico. Ma li accetta, appunto, non li respinge, non li rifiuta, perché sa che consistono in Lui stesso e cioè nei suoi errori di valutazione rispetto alla propria Natura infinita. Il male è quindi la volontà di interpretare la realtà alternandola. Non la si altera per davvero, perché essa è inalterabile e immodificabile. E tuttavia ci si illude di poterla alterare attraverso la "volontà di agire". Pertanto, più vogliamo agire e più siamo nel prevalere del male. Meno vogliamo agire e più siamo nel prevalere del Bene. Oggi, e ancor di più nel passato, ci troviamo in un mondo del "voler fare". Se non si "fa" qualcosa ci si sente inutili, anche agli occhi degli "altri". Ma questo è errore, è male, è dolore, e più lo intensifichiamo e più stiamo male. Il male è il credere che la vita sia sopravvivenza. E' credere che i problemi autentici siano quelli del "quotidiano" cioè appunto del "darsi da fare per andare avanti". La sopravvivenza, in verità, non c'è affatto, perché c'è la Vita. Se pensi al "primo uomo" (o comunque al "primo essere" in cui il Tutto si individua), pensi a qualcuno con un corpo già strutturato con cellule e organi. Senza unione sessuale (quindi senza volontà di agire unendo due corpi sessualmente), viene alla luce il "primo uomo" (altrimenti non sarebbe "il primo"). E viene alla luce senza cibo, cioè senza aver mangiato alcunché. La volontà di cibarsi, nutrirsi per andare avanti è quindi alienazione, inganno, tentazione. Il primo uomo cade in tentazione e mangia. Cade in tentazione e comincia a "darsi da fare" per sopravvivere, non rendendosi conto di "essere" e cioè di essere "vivo" senza aver fatto alcunché. Tutto è vivo senza fare alcunché. E tuttavia si "vuol" fare. E' il Tutto stesso che al suo interno si illude di costruire via via sé stesso. Ma in realtà sta soltanto assistendo via via al film di sé stesso, fotogramma dopo fotogramma. Tutti i fotogrammi sono già da sempre vivi e non sono l'effetto di un agire.

    RispondiElimina
  6. Ciao Marco cosa vuol dire non agire? Nella nostra realtà non è possibile non agire, anche non agendo deciderei comunque di fare qualcosa, e dunque agirei. E poi qualunque cosa farò non potrò cambiare il mio destino che è già stato compiuto? E se a me non piacesse questo destino, se volessi modificarlo, non ho possibilità alcuna? Ho paura che tutto quello che penso mi succederà lo penso perché so che mi è già capitato. Immagino una grande sofferenza e io invece vorrei rifuggirla, se questa situazione l'ho già vissuta, non voglio ripassarci. Anche la mia angoscia è solo illusione? Come faccio ad accettare questo pensiero? Come farò a superare le mie paure?

    RispondiElimina
  7. Federica, ci si puo soltanto illudere di agire, perche in verita è gia tutto compiuto da sempre, anche il futuro. Tu sei in verita la Coscienza totale del destino che, al suo interno, si sta pet lo piu illudendo di non esserlo e di poter agire. Il modo finito e diacronico in cui il Tutto appare a sé stesso inganna, è l illudersi, da parte del Tutto, di poter modificare gli eventi. In verita non si agisce mai e cio che noi crediamo sia l agire non modifica e non ottiene mai cio che si propone di ottenere. La paura è prevalente in te perché appunto ti illudi di essere in balia degli eventi ritenuti impropriamente casuali. Ma in realtà sei lo Specchio del destino che si contempla in tutte le nostre vite e cioe in tutte le sue prospettive colorate. Le "vite altrui" sono "vite passate e/o future" rispetto alla "tua". Gettate nell oblio quelle passate, credi di esser nata pochi anni fa e di dover morire terminando per sempre il percorso della tua identita piu profonda. Ma è appunto un illusione. Tu sei tutte le vite. Anche la mia. E lo stesso deve essere detto della mia e di ogni altra vita. Ognuno è la stessa totalita delle vite che via via vengono vissute prevalendo l una dopo l altra nella Luce colorata del Tutto in cui tutti consistiamo da sempre

    RispondiElimina