Riportiamo qui un estratto di Del tragico Amore (p. 242).
In quanto il prevalere del finito (sull’infinito) si distingue da quello dell’infinito (sul finito), il prevalere
dell’infinito si manifesta, nel prevalere del finito, come un futuro senza annunzio – «senza
annunzio» [...], ossia non annunciato, o preannunciato
in modi ancora astratti, come (ad esempio) questo mio linguaggio, rispetto alla
concretezza sempre più ampia dell’annunzio che (come vedremo, soprattutto nel
cap. 4°), con la morte dell’ultimo accadimento del prevalere del finito, annuncia, appunto, tutto il futuro che è tale rispetto a quella morte. E il prevalere
del finito si manifesta, nel prevalere dell’infinito, come un passato [prevalentemente] ricordato, rimembrato –
se nel termine «ricordare» (cfr. Glossario) risuona maggiormente il re-accordare, ossia la vibrazione delle corde del cuore (re-cordor è imparentato con re-cor: «ricordare» è anche
un ri-portare nel cuore) all’unisono, e cioè,
al di fuori del senso metaforico, il riaffiorare delle stesse esperienze ricordate, ferma restando la differenza ineliminabile tra l’affiorare
e il riaffiorare, i quali si
strutturano, rispettivamente, come la
Prima Volta (cioè il prevalere del
finito) e il Ritorno (ossia il prevalere dell’infinito); e se col termine
«rimembrare» ci si rivolge al re-membra, cioè al ricordare
attraverso la corporeità (giacché quando in quest’opera viene usato il verbo
«ricordare» ci si rivolge a quello stesso
cui ci si riferisce quando si nomina il «rimembrare»).
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